Luna, il più grande evento pop E la fantasia aiutò la scienza
Fantascienza e scienza a braccetto. Con soddisfazione reciproca. Gli anni della grande missione del primo uomo sulla Luna (impresa realizzata nel 1969) furono all’insegna della fantasia e della capacità di guardare “oltre”. Alzavano lo sguardo oltre l’ostacolo sia gli uomini e le donne di scienza sia le persone dalla grande immaginazione: e poteva accadere - è successo davvero - che gli scienziati prendessero spunto da disegnatori e artisti di fantascienza. Anche per sottolineare questo aspetto, che riguarda la parte più “emotiva” dello storico allunaggio, sarà interessante visitare la mostra che verrà inaugurata sabato 20 luglio al Muse, dal titolo «Cosmo cartoons. L’esplorazione dell’Universo tra scienza e cultura pop». Un’esposizione che ha visto l’impegno diretto di Luigi Bona, direttore del museo Wow Spazio Fumetto di Milano. Lo abbiamo intervistato. «L’obiettivo era di affiancare il Muse - spiega Bona - per unirsi agli aspetti storici e scientifici dei viaggi spaziali e dell’allunaggio».
Perché la missione del 1969, con il primo uomo sulla Luna, fu anche e soprattutto un’impresa collettiva, con un’emozione da un capo all’altro del mondo. Un vero evento pop.
Infatti. E noi ci siamo occupati della grande immaginazione collettiva, di come l’impresa venne vissuta e percepita dalle persone. Il lato “popolare” dell’allunaggio e della corsa verso lo spazio è divertente e decisamente complementare rispetto alla parte scientifica.
La fantascienza ha avuto un ruolo fondamentale nella creazione di un grande fenomeno di massa.
Non solo questo. La fantascienza ha “spinto” in alcuni casi la stessa ricerca scientifica. Ci sono state progettazioni in campo fumettistico, ma non solo, che sono state adottate dalla Nasa.
Ci può fare qualche esempio?
Pensiamo alla grande fantasia di Jules Verne, che ha scritto «Dalla Terra alla Luna» nel 1870. Ma anche allo scrittore italiano Yambo, uno degli anticipatori della fantascienza in Italia. La fantascienza nasce come genere letterario nel 1927 e il fumetto la segue a ruota, poco dopo. Alla mostra del Muse ci saranno molte testimonianze storiche, come Flash Gordon (figura creata nel 1934, ndr) e Buck Rogers (pubblicata per la prima volta nel 1929, ndr).
E alcune testimonianze italiane?
Penso alla serie fumettistica «Saturno contro la Terra», pensata da Zavattini nel 1936, che divenne la più importante del periodo. Ma anche alla rivista «Oltre il cielo», pubblicata dal 1957 al 1970.
Insomma, prima dell’allunaggio la fantascienza anticipò le grandi imprese dell’uomo.
Diciamo che c’è stata una produzione letteraria e di fantascienza assolutamente coerente con le missioni nello spazio. E sono anticipate domande che ancora ci facciamo, come quelle sull’esistenza di altre forme di vita. La fantascienza ha contribuito ad allargare l’immaginario collettivo, ci ha “indicato” come andare sulla Luna, ha creato piattaforme spaziali.
La fantascienza e la letteratura di fantasia hanno inoltre reso in immagini ciò che appariva ignoto e buio.
I bambini nati negli anni Cinquanta hanno vissuto sia la conquista della Luna ma soprattutto la “promessa” delle grandi imprese. Avevamo visto i fumetti con il viaggio sulla Luna e su Marte, e anche sui viaggi interstellari. C’era un clima di grande fiducia, la fantascienza aveva indicato il Duemila come anno nel quale saremmo andati in giro per lo spazio.
Poi non è andata così. E l’impatto con la realtà non è stato facile.
Certo, ora è tutto affievolito. È stata una doccia fredda perché eravamo tutti orientati verso lo spazio: c’erano riviste che facevano titoli sulle vacanze su Marte. Siamo arrivati al top con l’impresa del 1969 e poi tutto è cambiato, e anche la fantascienza ha dovuto adeguarsi.
La fantascienza è opera del genio umano ma non può estraniarsi troppo dalla realtà che la circonda. E questi non sono tempi in cui è possibile “volare alto”.
Adesso il filone “spaziale” sta riprendendo forza perché torna la speranza di “andare oltre il cielo”. Ma quegli anni erano diversi: la fantascienza creava astronavi e immaginava rapporti con gli abitanti di altri pianeti. La regressione ai tempi nostri è stata notevole: oggi non è immaginabile alcuna socialità con gli alieni o con altre civiltà. Oggi guardiamo ai nostri confini e alziamo muri, allora avevamo visioni molto più ampie.
Lei cosa ricorda della grande impresa di Armstrong, Aldrin e Collins?
Io sono nato nel 1950 e ho vissuto con grande entusiasmo tutti i piccoli passi in avanti realizzati dall’uomo verso lo spazio e la Luna. Si stava parlando del nostro futuro, con un grande coinvolgimento personale. La conquista della Luna è stata vista come la “vittoria” degli americani sui russi, ma a noi ogni impresa appariva bellissima: abbiamo fatto il tito per lo Sputnik, per la sonda Lunik, per le varie missioni Apollo. Abbiamo sofferto per la tragica fine di Laika e ci siamo fermati davanti alla televisione a guardare la grande impresa: le immagini erano sgranatissime e in bianco e nero, ma quelle emozioni furono fortissime.
La mostra al Muse farà emozionare?
Sarà una mostra emotivamente coinvolgente. Del resto la Luna è da sempre nostra amica: c’è da sempre e sempre ci sarà. Ci parla Charlie Brown, ma lo fa ciascuno di noi.