Il bimbo ripudiato «Siamo disponibili» Coletti: «L'assistente sociale potrebbe richiamarci»
Giovanni Coletti è uno dei fondatori di Casa Sebastiano, a Coredo, il centro specialistico per i disturbi dello spettro autistico, ed è il presidente della Fondazione trentina per l'autismo. Il bimbo di cui si parla, rifiutato dalla famiglia, è stato affidato al Tribunale dei minori.
IL COMMENTO DEL DIRETTORE FAUSTINI
L'assistente sociale che vi ha chiamato non ha detto proprio nulla?
«Niente. Ha chiesto se potevamo accogliere il bambino. Quando ha sentito che non potevamo, ha detto "grazie, arrivederci" e ha riattaccato».
Casa Sebastiano è autorizzata a ospitare ragazzi che abbiano più di 16 anni.
«Sì. E il bimbo in questione ne ha sette. Abbiamo detto, di corsa, che potevamo aiutare la famiglia ma non c'è stato niente da fare. Ha messo giù».
Coletti, sa qualcosa della famiglia?
«Niente. Certamente non è un bimbo trentino. Come tanti casi che ci vengono proposti».
Quanti?
«Arriva una decina di telefonate a settimana. Non sono tutti casi gravi come questo, ovviamente. Alcuni chiedono un consulto. Un confronto».
Cosa intendete fare?
«Se l'assistente sociale richiamasse ho detto ai miei collaboratori di dare la più ampia disponibilità, anche su direttiva dell'assessore provinciale alla Sanità, Stefania Segnana».
Cosa vi ha detto?
«Di prendere in carico il bimbo che poi ci pensa lei e una soluzione verrà trovata».
Ma l'assistente sociale richiamerà?
«Se è intelligente, richiama. La nostra disponibilità l'abbiamo resa nota anche attraverso i social . Abbiamo già avuto 60mila visualizzazioni».
Dov'è questo bimbo, adesso, secondo lei?
«Può essere nel reparto di psichiatria di un centro riabilitativo. O di contenimento».
Come funzionano queste strutture?
«Dipende. Le posso parlare di quella di Borgo Valsugana, che conosco bene: e a Borgo hanno fatto una grande cosa».
Anche per gli autistici?
«Gli autistici transitano da Borgo soltanto per una corretta somministrazione dei farmaci. Anche se io sono scettico sui farmaci».
Un bimbo di sette anni rifiutato dalla famiglia. Può essere una provocazione? La famiglia da sola non ce la fa e chiede in questo modo l'aiuto della società.
«Non è una provocazione. Sicuro».
Ma è possibile rifiutare un figlio?
«Se sono arrivati a quel punto vuol dire che erano allo stremo. Ci sono già stati casi di questo tipo. Certe volte i ragazzi vengono allontanati per il bene loro, oltre a quello della famiglia. O magari è venuto a mancare uno dei genitori».
Chissà qual è la loro storia.
«Se i genitori di un autistico dicono che in vita loro non hanno mai pensato di abbandonare il figlio, stanno mentendo».
Da genitori non possiamo crederci.
«Credeteci. È così. La grande maggioranza arriva a pensarlo. Certo: tra pensarlo e metterlo in atto ce ne passa».
Dev'essere una condizione devastante.
«È la parola giusta. L'autismo è un ciclone che devasta la famiglia. Non c'è confronto con le altre patologie. Se non hai un robusto equilibrio mentale e il supporto degli assistenti sociali, è durissima. Stamattina, ad esempio: lo sa perché non le rispondevo al telefono? Mia figlia ha avuto una crisi epilettica. Tanti soggetti autistici le hanno».
Lei, Giovanni, deve avere un grande coraggio e un'enorme forza d'animo.
«Non ho altra scelta».
Quanti anni ha?
«Sessanta».
Come si possono aiutare le famiglie?
«Bisogna creare dei tutor fin dalla diagnosi. Bisogna che gli assistenti sociali affianchino subito la famiglia: la supportino e diano delle indicazioni. Altrimenti le famiglie rimarranno da sole».
Com'è possibile che siano sole, abbandonate, oggi?
«Assolutamente! Per noi è normale essere soli. L'assistente sociale viene una volta all'anno... Anche se oggi un bimbo su cinquantadue nuovi nati rientra nello spettro autistico».
Vuol dire che può diventare autistico?
«Vuol dire che lo è già. Ovviamente sono molte le sfaccettature, non tutti i casi sono gravi allo stesso modo».
Uno su cinquantadue.
«Non lo dico io. Lo dicono gli ultimi studi americani».
Nonostante questo la società non aggredisce il problema.
«Se l'autismo viene aggredito subito, come dice lei, si possono creare quelle condizioni di autonomia e crescita che portano l'individuo in questione ad essere pari ai normodotati in tutto».
Questo accresce le colpe della società.
«Le strutture costano. Servono molti professionisti. Sul fronte della linea riabilitativa, poi, le posso dire che ce ne sono molte, non una soltanto. E i genitori vengono bombardati di proposte dai "professoroni" che sponsorizzano l'una o l'altra».
In Trentino?
«Una linea riabilitativa unica, tra Azienda Sanitaria, Casa Sebastiano, OdfLab Rovereto e il Centro presso Villa Igea a Trento. Una linea unica e che funziona».