Custode forestale condannato a 8 mesi per "assenteismo"
Per l’accusa era un dipendente pubblico “assenteista”: timbrava il cartellino da cui risultava la presenza in servizio mentre invece era comodamente a casa propria. Per la difesa l’imputato era invece un dipendente scrupoloso perché, visto che l’amministrazione non gli aveva dato un ufficio, lavorava a casa dove aveva creato una sorta di “dependance” e dove teneva anche registri e documenti di servizio.
Il processo celebrato con rito abbreviato a carico di Enrico D’Aquilio, custode forestale del comune di Castel Ivano, si è concluso con la condanna a 8 mesi di reclusione. La difesa, sostenuta dall’avvocato Giuliano Valer non è riuscita a far passare la tesi della buona fede, ma ha ridimensionato la portata delle accuse: dei 29 episodi contestati nel capo di imputazione la procura ne ha confermati 17.
L’imputato doveva rispondere di peculato d’uso (perché, tra marzo e agosto 2016, avrebbe utilizzato l’auto di servizio anche per spostamenti non attinenti alla sua attività di custode forestale); truffa (per i rifornimenti di benzina relativi anche a trasferimenti non per ragioni d’ufficio e per le ore retribuite ma non lavorate); false attestazioni nell’uso del badge (perché dal cartellino risultava la presenza in servizio mentre il dipendente avrebbe svolto mansioni diverse dal lavoro).
Le indagini - partite a carico di due custodi forestali (uno ha patteggiato) dalla segnalazione di un cittadino - sono state condotte dalla Guardia di finanza.
Per mesi gli investigatori monitorarono da lontano il dipendente verificando i suoi movimenti durante gli orari di lavoro. Sulla macchina di servizio fu piazzato anche un dispositivo Gps che registrava tutti gli spostamenti della vettura. Secondo l’accusa, D’Aquilio in più occasioni si sarebbe fermato a casa propria. L’imputato, che ha 30 anni di esperienza come custode forestale, nega di essere stato un “assenteista”.
Al contrario, sostiene di aver sempre lavorato con onestà e abnegazione per l’amministrazione, facendo anche centinaia di ore di straordinario non pagate.
D’Aquilio attraverso una memoria depositata agli atti del processo ha spiegato che si fermava presso la sua abitazione perché lì aveva creato una sorta di ufficio distaccato. Visto che il Comune non gli aveva assegnato un locale, per evitare che gli incartamenti e la documentazione finissero abbandonati in qualche sottoscala decise di portare i documenti a casa dove poteva avere anche una scrivania su cui lavorare. Tutto questo, sottolinea il custode forestale, nell’esclusivo interesse dell’amministrazione comunale. La sua casa veniva utilizzata anche come magazzino per le attrezzature in mancanza di un locale adeguato messo a disposizione dal datore di lavoro.
L’imputato ha spiegato anche di essere stato a conoscenza delle indagini in corso e del monitoraggio con gps da parte della Finanza, circostanze che sarebbero state riferite all’indagato dai vertici dell’amministrazione. Come dire: non avevo nulla da temere. Vista la condanna, pur lieve quanto alla pena, forse di sbagliava.