«Hai lasciato un segno indelebile»: il dolore di parenti e amici per Matteo
Papà Fabio stringe forte tra le mani il diploma di laurea di Matteo. Lo guarda, lo mostra orgoglioso. Ma non riesce a sorridere, come tutte le altre volte, quando gli dava un’occhiata. Perché ora quell’attestato non è più solo un vanto. È diventato di colpo un ricordo.
Non viveva più da tempo nell’appartamento di famiglia a Canova, Matteo Riolfatti: il 42enne rimasto vittima di un terribile schianto in moto a Nomi, da qualche anno si era trasferito a Tavernaro. Venerdì però aveva raggiunto i genitori ed il fratello Marco.
«Eravamo saliti in cima al condominio, per guardare assieme l’esibizione delle Frecce tricolori - racconta quest’ultimo - poi Matteo era partito. Era una bella giornata, aveva deciso di approfittarne per uno degli ultimi giri in moto della stagione, per andare sul Garda. Forse, con questo sole, ci sarebbe andato anche oggi (ieri, ndr)». Per Matteo, invece, tutto è finito poco dopo. Lasciatosi alle spalle la tangenziale ha imboccato la Destra Adige puntando verso Mori ed il lago. Ma a Nomi è rimasto coinvolto nell’incidente con la Ford Fiesta: un impatto che non gli ha dato scampo.
Si era preso due giorni di ferie, il quarantaduenne, dopo aver festeggiato, mercoledì 9 ottobre, il suo compleanno. Matteo era cresciuto nella casa di Canova, in cui la famiglia Riolfatti ha sempre vissuto: papà Fabio vi si era stabilito dagli anni Settanta, prima ancora di sposare mamma Maria. Da circa quattro anni si era trasferito a Tavernaro, da dove ogni giorno faceva la spola con Bolzano, dove lavorava, negli uffici della sede centrale di Volksbank. Era stato chiamato nel capoluogo altoatesino dopo aver lavorato nella filiale di via Fermi dell’istituto di credito, di cui era stato anche vicedirettore a meno di trent’anni, dopo essere stato assunto una volta terminato brillantemente il proprio percorso di studi alla facoltà di Economia dell’università del capoluogo.
Scrupoloso sul lavoro e riservato, Matteo Riolfatti dedicava alle uscite in moto gran parte del proprio tempo libero. «Sport non ne aveva mai fatto molto - raccontano il padre ed il fratello - aveva giocato a calcio, ma da ragazzino, smettendo presto. Ogni tanto faceva qualche partita a tennis con gli amici». «Da qualche tempo si era appassionato alla montagna - aggiunge ancora Marco - e ci eravamo ripromessi più volte di andare a fare una ferrata assieme. Non ci siamo riusciti».
Ieri mattina i familiari di Matteo sono saliti a Tavernaro, per raccogliere alcuni effetti personali dell’uomo e soprattutto portare a Canova la sua gatta, Nina, a cui il quarantaduenne era affezionatissimo. Hanno così potuto raccogliere anche il calore di alcuni dei vicini. «Hai lasciato un segno indelebile», il ricordo commosso di alcuni di loro sui social. Nonostante la sua riservatezza, in poco tempo aveva saputo conquistare la simpatia e la fiducia delle persone che vivevano a pochi metri da lui, condividendo piccoli momenti di quotidianità. E che ora, affrante, lo ricordano come un uomo riservato, ma generoso e sempre pronto a scambiare due chiacchiere, dare una mano, intrattenere con pazienza e allegria alcuni dei bimbi che vivevano nel complesso residenziale come uno zio premuroso. Una presenza discreta, che d’improvviso si è tramutata in assenza pesante.
Il funerale di Matteo Riolfatti è stato nel frattempo già fissato: sarà celebrato dopodomani, martedì 15 ottobre alle 14.30, nella chiesa di Canova, dove in tanti si stringeranno ai cari e agli amici più stretti del quarantaduenne.