La famiglia Mussi sulle Ande
Luisa è maestra elementare, origini bresciane; Lorenzo, autista di ambulanze con il 118, trentino di Roncone. Vivono nella Valle del Chiese. Hanno sei figli, dagli 11 ai 25 anni.
Luisa Lombardi e Lorenzo Mussi si sono conosciuti tempo fa ai campi dell’Operazione Mato Grosso, tra gli anni Ottanta e Novanta. «È stata la nostra culla e la nostra maestra di vita», osservano oggi guardando a quella che è stata la loro storia d’amore nel segno dell’attenzione ai poveri.
Hanno vissuto per sei anni sulle Ande peruviane lavorando con l’Operazione Mato Grosso, un’organizzazione di volontariato internazionale attenta alle realtà impoverite sudamericane: «Un lavoro duro, la fatica e la responsabilità sono una forte colla e una grande scuola».
Erano a Chacas sull’altopiano andino a 3400 metri di altezza dove era parroco don Ugo De Censi, un salesiano valtellinese, il fondatore dell’Omg. A contatto con la gente povera, contadini, mamme con numerosi figli, anziani spesso soli e abbandonati. Un apprendistato di vita. «Dalle missioni siamo tornati ormai da quasi 17 anni, io avevo il papà malato - dice Luisa - i figli iniziavano a crescere, ma ci sembra ieri, tanto quegli anni sono stati ricchi, intensi, importanti per la nostra vita». Per la vita della loro numerosa famiglia dove una volta tornati hanno cercato di continuare a vivere - pur in altro contesto - i valori che avevano intrapreso durante gli anni peruviani. «Vivere a tu per tu con la povertà, la miseria, ma anche la fede, la capacità di alzare gli occhi al cielo con serenità; il sapere accettare la precarietà, la semplicità; saper dare fiducia, sono tutte esperienze che toccano e ribaltano alla radice il modo di leggere e interpretare la realtà».
E Luisa aggiunge: «Mettono in crisi il modello della persona organizzato, razionale, consumatore, tipico del nostro occidente, bloccano la frenesia per porci davanti la domanda su cosa stiamo facendo, su dove stiamo andando, qual è la meta della nostra vita». In Perù i coniugi Mussi hanno condiviso per anni la vita della gente semplice, hanno vissuto con loro in semplicità cercando di migliorare le loro condizioni di vita grazie anche al sostegno che arrivava dal Trentino e dall’Italia.
Dicono che quello che hanno potuto fare è ben poco - come una goccia nel mare delle necessità - però hanno potuto constatare che quella vita ha cambiato loro stessi. «Così, se apparentemente il viaggio lungo è dall’Europa all’America Latina, il viaggio più grande e più vero è quello di passare dal “solo noi” a “esiste qualcun altro” e “forse esiste anche un Dio” che dà significato a tutto».
«Quando sono a scuola - osserva ancora Luisa - e vedo i bambini (non tutti sicuramente) che chiedono cibo, poi magari ne chiedono ancora, poi si stufano, l’avanzano o fanno smorfie perché non gli piace più, mi chiedo: ma riusciranno mai a uscire dal “mi piace/non mi piace”, “mi va/non mi va” e capire che il gioco è più grande, che non c’è solo il loro mondo, ma che la realtà che li circonda ha uno spessore che va al di là dei loro gusti e capricci personali?».
Così a maggior ragione per il mondo degli adulti. Si tratta di educarci tutti alla sobrietà e alle cose essenziali, un’educazione dell’anima.
«Quando siamo tornati dalla missione ci è stato proposto di lavorare in malga, noi non l’avremmo mai pensata, ma è nata un’esperienza bella che continua ancora oggi con la gestione della malga con altre famiglie il cui ricavato va per i poveri delle nostre missioni, un’esperienza molto bella anche dal punto di vista familiare».
Luisa e Lorenzo concludono dicendo ancora che tutti noi: «Abbiamo bisogno che gli altri - la vita stessa - azzardi per noi per farci fare dei passi che altrimenti da soli non avremmo la fantasia di pensare, il coraggio di fare».
Roberto Moranduzzo