Abusi sessuali su una bimba nella cantina dell'orrore: pedofilo condannato a 5 anni
La cantina dell’orrore era nascosta in un labirinto di corridoi e locali sotterranei in un palazzo a Trento Nord. Qui una bambina, che all’epoca aveva appena 6 anni, veniva accompagnata dal suo vicino di casa per “giocare”. L’amico di famiglia in realtà era un “orco”. Per anni, con frequenza settimanale, commise atti sessuali sulla bambina, indisturbato fino al giorno in cui la cantina venne scoperta dai carabinieri. La piccola per anni ha taciuto, impaurita, temendo anche ritorsioni sulla madre. Poi, crescendo, il peso di quell’atroce vissuto è diventato insopportabile. La bimba, a cui il pedofilo ha rubato la giovinezza, si è confidata raccontando le violenze subite nella cantina nascosta, eppure scolpita nei ricordi della vittima.
L’altro ieri, al termine di un processo celebrato con rito abbreviato, il giudice Marco La Ganga ha condannato l’imputato, un trentenne residente a Trento Nord, a 5 anni di reclusione. Una pena pesante - superiore ai 3 anni e 6 mesi chiesti dalla pubblica accusa - ma certo commisurata alla gravità delle contestazioni. Una pena che anche la madre dalla ragazza, costituita parte civile con l’avvocato Maurizio Pellegrini, chiedeva fosse esemplare.
I fatti contestati nel capo di imputazione sono infatti raccapriccianti. L’imputato - che ha sempre negato gli addebiti - avrebbe approfittato del rapporto di fiducia che si era consolidato con una vicina di casa della sua stessa nazionalità. Con la scusa di far giocare la piccola con il suo bambino, l’uomo si faceva affidare la bambina. Questa però veniva condotta nelle cantine del palazzo dove, stando all’accusa, l’odierno imputato aveva la disponibilità di un locale nascosto, chiuso da una chiave di colore grigio. È qui che, in mezzo a masserizie abbandonate, la piccola per anni subì atti sessuali. La minorenne ha poi raccontato che l’uomo la denudava e a sua volta si spogliava. Faceva sedere la piccola sulle sue gambe e compiva atti sessuali. La minore ha riferito anche che l’odierno imputato in alcune occasione avrebbe scattato foto alle sue parti intime. L’uomo avrebbe anche mostrato alla bambina dei filmati in cui lui appariva nudo in compagnia di altre minorenni.
Solo dopo anni, crescendo, il macigno delle violenze subite è venuto a galla con il suo carico di dolore. Il muro di silenzio si è lentamente sgretolato. Sono arrivate le prime confidenze fatte alla madre, ma anche a scuola. Determinante sono state le indagini condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo provinciale, all’epoca comandato dal capitano Andrea Oxilia. Guidati dai ricordi della ragazzina, gli investigatori sono riusciti a trovare la cantina degli orrori raccogliendo preziosi riscontri al racconto della vittima. Come sempre in questi procedimenti penali, decisivo è il racconto della vittima la cui deposizione è stata raccolta in forma protetta con l’assistenza di una psicologa nominata dal giudice e affiancata dai consulenti di parte. Psicologa che ha ritenuto credibile il racconto della bambina. Per il trentenne vicino di casa, non sottoposto a misure cautelari, è scattata l’imputazione di pornografia minorile e atti sessuali con minorenne. L’uomo ha sempre negato tutto sostenendo che le accuse erano state inventate. La sentenza di condanna premia invece il coraggio della minore. Ha avuto la forza di denunciare le violenza subite. Il fantasma che popolava il suo passato è stato condannato a 5 anni di reclusione. All’eventuale passaggio in giudicato della condanna finirà in carcere. Intanto il pedofilo e la bambina non vivono più nello stesso stabile: la famiglia della vittima si è trasferita in un altro palazzo, sempre a Trento Nord.