Torna nella casa vacanze ma la trova occupata
Vicenda curiosa, quella approdata davanti al giudice Fabio Peloso. L’imputato, un residente di Valvestino, era accusato di violazione di domicilio perché, di fatto, aveva occupato l’abitazione di un’altra persona. Gli è andata tutto sommato bene: la procura chiedeva 8 mesi di reclusione, lui se l’è cavata con una multa, e la derubricazione del reato a invasione di edifici.
La vicenda risale al 2016. Al centro di tutto, una baita a Valvestino, piccolo comune che guarda il lago di Garda dall’alto, a monte di Limone. Lì un tedesco aveva acquistato, tempo prima, una baita. Ma vivendo all’estero, l’aveva lasciata ovviamente chiusa a chiave.
Peccato che durante la sua assenza la casetta non sia rimasta esattamente vuota: un uomo è entrato e, di fatto, ci ha vissuto dentro. Il tedesco se n’è accorto solo una volta tornato, quando si è trovato la casa chiusa con un lucchetto che non aveva mai installato.
Ieri in aula il processo. Da una parte c’è la ricostruzione dell’accusa, che non ha dubbi: l’uomo, pur sapendo ovviamente che quell’edificio non era di sua proprietà, ha deciso di entrarci e farci quel che voleva. Ci ha proprio vissuto, mettendoci un lucchetto. E questo, secondo l’ufficio inquirente, integra il reato di violazione di domicilio. Per questo il pm ha chiesto la pena di 8 mesi di reclusione, tanto più che contro l’imputato pesava anche una recidiva specifica, che ne ha aggravato la posizione.
Di tutt’altro avviso la difesa, rappresentata in aula dall’avvocato Claudio Robol, la cui tesi è chiara: l’uomo non riteneva di commettere alcun abuso. Lui riteneva di aver diritto di starci dentro. Ne era talmente sicuro - ha osservato il legale - che davanti ad un testimone che in un’occasione l’ha trovato là dentro, non solo non ha tentato di scappare, ma ha anche detto chi era, spiegando pure chi era sua nonna. Dando, insomma, tutti gli elementi utili per identificarlo e quindi - col senno di poi - denunciarlo. Un atteggiamento, secondo la difesa, che non sarebbe coerente con il comportamento di chi, consapevolmente, occupa un edificio altrui, trasformandolo in modo arbitrario nella propria dimora. Mancava, insomma, l’elemento soggettivo del dolo. Da qui l’insussistenza del reato.
Ma se questa è la tesi della difesa, d’altro avviso si è dimostrato il giudice Fabio Peloso. Che tuttavia ha ritenuto ci fossero gli estremi per derubricare il reato: non violazione di domicilio, ma il meno grave invasione di edificio. Ed ha condannato l’imputato ad una multa di 800 euro.