Trento Rise, assolto Dalmonego «Non ha commesso il fatto»
«Assolto per non aver commesso il fatto». Sette parole che per l’ex direttore generale della Provincia Silvano Dalmonego hanno il sapore della rivincita. Di più: della pubblica riabilitazione nel principale procedimento penale (l’unico che vedeva imputato Dalmonego) del filone Trento Rise.
Per gli altri due imputati che avevano scelto il processo con rito abbreviato, Andrea Grianti e Roberto Bona, è stata confermata la condanna inflitta in primo grado, ma con un considerevole sconto di pena dopo che alcuni capi di imputazione sono venuti meno.
Ieri pomeriggio Dalmonego era presente in aula. Prima che i giudici della Corte d’appello si ritirassero in camera di consiglio, Dalmonego, difeso dall’avvocato Franco Larentis, ha preso la parola per una breve dichiarazione. Ha ribadito la sua totale estraneità all’accusa di aver favorito Deloitte nell’assegnazione del Pcp Modelli e ha detto di essere stato mortificato dopo 40 anni trascorsi a servire la pubblica amministrazione.
Poche ore dopo l’ex dirigente generale della Provincia ha tirato un sospiro di sollievo: i giudici - presidente Francesco Forlenza, a latere Patrizia Collino ed Ettore Di Fazio - hanno ribaltato la sentenza di primo grado: la condanna ad un anno di reclusione per turbata libertà degli incanti è stata cancellata e Dalmonego è stato assolto. «Attendiamo di leggere le motivazioni che saranno depositate entro 90 giorni - sottolinea l’avvocato Larentis - ma sin d’ora possiamo dire che la sentenza conferma la totale estraneità di Dalmonego a qualsiasi presunto favoritismo nell’assegnazione del Pcp modelli». Qual è stata la linea difensiva? «Anche attraverso le nostre indagini - sottolinea il legale - abbiamo dimostrato che Dalmonego non ha mai in alcun modo interferito con le procedure di gara. La sentenza restituisce a Dalmonego ciò che gli spettava».
Anche le difese degli altri due imputati possono trovare motivi di soddisfazione. La Corte d’appello ha concesso un sensibile sconto di pena a Roberto Bona, dipendente di Informatica Trentina, difeso dall’avvocato Luigi De Finis, e per Andrea Grianti, ex dipendente di Trento Rise, difeso dall’avvocata Stefania Ballarini, del foro di Milano. Entrambi erano accusati di turbativa d’asta e falso nei procedimenti Pcp Modelli e appalto turismo e in primo grado erano stati condannati a 1 anno e 4 mesi di reclusione. In secondo grado la pena si è fermata a 4 mesi: in particolare, per i due capi di imputazione sul falso e la turbativa relativa al Pcp modelli c’è stata sentenza di non doversi procedere per prescrizione; i due imputati sono stati assolti invece in relazione ad un atto di sottomissione per non avere commesso il fatto e condannati, infine, per la turbativa d’asta - ma senza un’aggravante - in relazione alla turbativa sull’appalto turismo.
Secondo la procura il Pcp Modelli, un incarico da 7 milioni e 474 mila euro che aveva lo scopo di riorganizzare la macchina burocratica della Provincia, era stato di fatto “cucito” su misura per Deloitte consulting. I due dipendenti della società di consulenza erano già usciti dal processo patteggiando la pena, più risarcimento di Deloitte a Trento Rise.
La sentenza di ieri non è definitiva. Il pg Giuseppe De Benedetto, che ieri aveva chiesto la condanna previa riqualificazione del reato in abuso d’ufficio, si riserva di decidere su un eventuale ricorso in Cassazione dopo aver letto le motivazioni. Intanto però Dalmonego può salutare con soddisfazione - accompagnata da grande flemma, come è nel suo costume - questa sentenza.
L’EX DIRIGENTE: «GIUSTIZIA È FATTA»
«L’unico commento che mi sento di fare è che giustizia è fatta». Ivano Dalmonego, come nel suo stile, neanche nel momento della vittoria in corte d’appello, va sopra le righe. L’ex numero uno operativo della Provincia ai tempi di Lorenzo Dellai, sottolinea con sobrietà la propria soddisfazione, con una frase che mette in evidenza come l’ex dirigente pubblico senta di essere uscito da un incubo giudiziario. Ora Dalmonego potrà chiedere ai liquidatori di Trento Rise la restituzione degli 80 mila euro che l’imputato aveva versato come provvisionale alla parte civile dopo il giudizio di primo grado.
Il primo a difenderlo, anche dopo la prima condanna, era stato lo stesso Dellai. «Sono un uomo delle istituzioni - scriveva in una nota Dellai nel febbraio del 2018 - dunque ho il dovere di credere nella giustizia e di rispettarla. Ma talvolta è molto difficile. In questa occasione in maniera particolare. Ho visto operare Ivano Dalmonego per tanti anni e se devo indicare il nome di una persona integerrima indico lui».