Cassazione: le persone trans hanno il diritto di cambiarsi il nome
Ci sono voluti anni di battaglie in tribunale, una vicenda giudiziaria lunga e complessa, ma alla fine Alexandra finalmente potrà essere… Alexandra.
Lei si è sempre sentita donna, nonostante un assetto cromosomico maschile, e adesso ha visto riconosciuto anche un diritto fondamentale, quello di cambiare il proprio nome: da Alessandro ad Alexandra.
Assistita dall’avvocato trentino Alexander Schuster si era rivolta al Tribunale di Torino affinché le fosse riattribuito il genere anagrafico da maschile a femminile e il prenome Alexandra in luogo di Alessandro.
Nel corso della causa per la prima volta il Tribunale di Torino affermava di adeguarsi alle svolte giurisprudenziali e di non ritenere che l’operazione chirurgica fosse requisito necessario. E tuttavia, il consulente tecnico nominato dallo stesso Tribunale concludeva per il rigetto della domanda, tra le altre cose facendo leva sul fatto che Alexandra non amava partecipare ai pride e che non voleva rimuovere il membro maschile. «I giudici negarono così i suoi diritti - afferma una nota dello studio legale - In Corte d’appello di Torino il calvario termina solo in parte: sì alla rettificazione, ma no al nome indicato dalla persona interessata. La scelta di “Alexandra” sarebbe stata voluttuaria e quindi da rigettare».
La Cassazione, dopo quattro anni, dà invece ragione ad Alexandra. Per la Suprema Corte «non emergono obiezioni al fatto che sia la stessa parte interessata, soggetto chiaramente adulto, se lo voglia, ad indicare il nuovo nome prescelto, quando non ostino disposizioni normative o diritti di terzi, attesa l’intima relazione esistente tra identità sessuale e segni distintivi della persona, quale il nome».
Per l’avvocato Schuster «al di là della tutela della cliente, era importante porre fine a tesi isolate che pretendevano di applicare automatismi e ora la Cassazione ha fatto chiarezza. Ma la piena dignità delle persone trans è ancora un traguardo lontano». Nelle parole degli Ermellini il «prenome non va necessariamente convertito nel genere scaturente dalla rettificazione, dovendo il giudice tener conto del nuovo prenome, indicato dalla persona, pur se del tutto diverso dal prenome precedente».