I rifugi dell'Alto Adige in attesa «Difficile riaprire per l'estate, e impossibili le norme anti-Covid»
«Non si vedeva una primavera così da molti decenni: tanta neve e neanche una nuvola nel cielo.
Piange il cuore vedere il proprio rifugio chiuso, ma tanti di certo stanno peggio di noi». Ulli Mueller attende la fine dell’emergenza coronavirus nel rifugio Nino Corsi Zufallhütte a 2.265 metri di quota. Come gli altri gestori è molto preoccupato per quanto riguarda la stagione estiva.
Il Nino Corsi è uno dei pochi rifugi invernali in Alto Adige, di solito molto frequentato dagli scialpinisti. Sulle montagne del val Martello in queste settimana regna invece il silenzio assoluto. Ulli aveva appena aperto, quando ormai oltre un mese fa, è scattato il lockdown. «Avevo tutta la dispensa piena di cibo, portato in quota con l’elicottero. Una parte - racconta - l’abbiamo surgelata, l’altra l’abbiamo ceduta a parenti e amici. Sto consumando pian piano io quello che è rimasto».
La stagione invernale doveva terminare il 3 maggio, mentre quella estiva doveva partire il 10 giugno. «L’inverno è andato e non sappiamo minimamente cosa succederà d’estate», afferma Ulli, per poi aggiungere con il pragmatismo della gente di montagna che «lamentarsi non serve a nulla, e poi c’è tanta gente che sta molto peggio di noi».
Dai tempi della guerra i rifugi non sono mai rimasti chiusi d’estate. «La situazione della pandemia è ancora troppo incerta per poter azzardare una previsione», conferma l’assessore provinciale competente Arnold Schuler. «Mercoledì il consiglio provinciale di Bolzano si riunisce in seduta straordinaria per approvare un pacchetto di misure a sostegno delle famiglie e dell’economia locale. Uno di questi provvedimenti prevede la sospensione del canone d’affitto per i rifugi in caso di chiusura», aggiunge Schuler.
Erich Pichler è gestore di uno dei rifugi più alti e più famosi delle Alpi, il Gino Biasi al Bicchiere a 3.200 metri di quota. Inaugurato nel 1894 su uno sperone di roccia sulla cresta di confine, sopra la val Ridanna, è una meta prediletta per gli alpinisti.
«Abbiamo ancora un po’ di tempo, perché da noi la stagione estiva inizia solo a fine giugno», spiega. Pichler, che fa anche la guida alpina, si dice preoccupato. «Il mio rifugio ha 125 anni, come potrei garantire tutte le normative igieniche anti-covid? In spiaggia puoi aumentare la distanza tra gli ombrelloni, in un vecchio rifugio quella tra le brandine certamente no», commenta. Erich è una persona ottimista, vede il bicchiere sempre mezzo pieno. «Il coronavirus ha stravolto le vite di tutti noi. Nulla sarà come prima, ma forse qualcosa cambierà in meglio», dice e scaccia l’incubo di un’estate con il suo rifugio chiuso che non accoglie alpinisti.
di Stefan Wallisch - agenzia ANSA