Mascherine non certificate quattro farmacisti denunciati le vendevano senza marchio CE
Le mascherine - il bene più ricercato e controverso durante i lunghi mesi della pandemia - servono a diminuire i rischi di contagio da Covid 19, ma sono anche fonte di possibili guai per chi le vende. Ne sanno qualcosa quattro farmacisti trentini "pizzicati" a vendere questi dispositivi di protezione senza tutte le necessarie (e complicate) certificazioni a partire dal marchio "Ce" che pare non fosse originale. Pur avendo agito in sostanziale buona fede, i farmacisti ora rischiano sanzioni pesanti: la legge 689 del 1991 prevede multe che vanno da un minimo di 10 ad un massimo di 60 mila euro.
I procedimenti amministrativi sono nati da accertamenti condotti anche in Trentino dalla Guardia di Finanza che a marzo, al culmine dell'epidemia e di fronte ad una altissima e improvvisa richiesta di mascherine di tipo sanitario, fece controlli per verificare che i prezzi praticati fossero congrui. Non vennero rilevati prezzi esorbitanti, segno che nessun farmacista aveva tentato di speculare sull'enorme richiesta di dispositivi di protezione, ma in qualche caso emersero irregolarità di natura amministrativa.
In particolare erano state poste in vendita mascherine prive di un valido marchio "Ce", che deve accompagnare tutti i dispositivi medici. O meglio pare che la dicitura fosse presente sulla confezione, ma non fosse regolare. Cosa era successo?
«Nei due casi di cui ho conoscenza - risponde il vicepresidente dell'Ordine dei farmacisti Davide Cappelletti - posso dire che i colleghi hanno agito in buona fede, spinti dalla volontà di assecondare le richieste della gente che cercava le mascherine. Sono dispositivi che fino a qualche mese fa costituivano un mercato più che di nicchia: venivano acquistati in prevalenza da chi aveva un familiare immuno depresso. Poi all'improvviso è arrivata l'emergenza sanitaria da Covid 19 e la domanda è schizzata alle stelle. Attraverso i nostri fornitori noi ordinavamo mascherine delle varie tipologie che però non arrivavano. In quel momento di massima richiesta i farmacisti venivano contattati da broker che proponevano di fornire mascherine chirurgiche, oppure Ffp2 o Ffp3. Per fare un servizio alla clientela qualche collega, in un quadro di mercato di fatto impazzito, ha ordinato qualche fornitura. C'è chi le ha pagate in anticipo e non sono mai arrivate. Altri hanno acquistato dispositivi che non soddisfacevano tutti i requisiti formali, codici e codicilli non facili da verificare. Nessuno comunque ha speculato sul prezzo, anzi tutti hanno aderito all'invito di Federfarma di vendere i dispositivi ad un prezzo di fatto calmierato. Uno dei farmacisti che rischia la sanzione ha acquistato un piccolo lotto di mascherine da un fornitore di cui si fidava, e in parte le ha regalate ad un medico di base che era rimasto senza».
I verbali di contestazione fatti dalla Guardia di finanza sono poi stati inoltrati alla Camera di commercio che ora deve valutare se irrogare la sanzione amministrativa, oppure se archiviare il procedimento. In caso di sanzione il farmacista può impugnare l'atto in Tribunale chiedendo che venga annullato.
«Mi auguro che venga riconosciuta la buona fede dei colleghi - sottolinea Cappelletti - In questa vicenda i farmacisti, che nella fase del totale lockdown quando l'indice di contagiosità era al massimo erano sul campo, sono rimasti ingiustamente con il cerino in mano».
Intanto la situazione sul fronte mascherine - dapprima snobbate dall'Oms, salvo poi entrare nella nostra quotidianità come indossare la biancheria intima - è migliorata. Sono disponibili ad una sessantina di centesimi per il modello chirurgico - conferma il vicepresidente dell'Ordine dei farmacisti - ed anzi stanno arrivando sul mercato quelle promesse dal governo al prezzo di 40 centesimi. Per ora resta da applicare l'Iva che, nonostante l'impegno di cancellare l'imposta, è ancora lì.