La grande truffa degli scontrini negli autogrill della Hermes: 2 milioni di euro da restituire
Hanno patteggiato una pena di 1 anno e 8 mesi di reclusione e pagato due milioni di euro, somma ritenuta profitto dei reati commessi, che andrà allo Stato. Si è concluso così il procedimento penale a carico di Carmine Milano, residente a Rovereto, Vito Citera, residente a Rovereto e Antonio Rauseo, residente a Contrada Maggiano, considerati gestori di fatto della società Hermes di Avellino, che ha in gestione sei aree di servizio, per la presunta truffa ai danni Autobrennero: secondo l’accusa avevano infatti architettato un piano per non versare all’A22 le percentuali dovute su alcuni prodotti venduti.
I tre, oltre che di truffa, dovevano rispondere di corruzione, infedele dichiarazione dei redditi (evasione) e autoriciclaggio. La società ha patteggiato una pena pecuniaria di 10.329 euro per la responsabilità delle persone giuridiche. Sono state invece archiviate le posizioni di Gerarda Rauseo, residente a Roma; Enza Rauseo, residente a Nogaredo e Isabella Rauseo, residente a Rovereto e di tutti gli altri indagati. Mentre è stata stralciata la posizione dell’ex capo ufficio aree di servizio, già licenziato: il sospetto degli inquirenti è che avesse comunicato al personale di Hermes quando sarebbero stati effettuati i controlli da parte degli addetti della società.
E la partita, ora, potrebbe spostarsi sul fronte civile: A22, che secondo la procura aveva avuto mancati introiti per circa 1 milione e 100mila euro, potrebbe promuovere una causa per essere risarcita e procedere anche con la revoca della subconcessione ad Hermes.
L’operazione “Tarantella”, nel marzo 2019, aveva messo nei guai 12 persone, tra dirigenti, soci e dipendenti della società Hermes e dipendenti dell’A22. Le indagini, coordinate dal pm Pasquale Profiti e condotte dal nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Trento e dal compartimento della polizia stradale di Bolzano, erano scattate l’estate precedente, su imput della sottosezione autostradale della polstrada di Trento.
Gli agenti impegnati nel pattugliamento del tratto dell’A22 compreso tra i caselli di Egna ed Affi, avevano infatti notato voci piuttosto strane sugli scontrini: “panciotto” o “capriccio”, erano le denominazioni che alcuni clienti trovavano sulla ricevuta con cui poi si presentavano al banco per ritirare e consumare un panino. Una dicitura che, per l’accusa, svelava il raggiro: premendo un tasto sul registratore di cassa, infatti, l’addetto avrebbe deviato il bene venduto su un oggetto non sottoposto a royalty e, di fatto, non esistente. In questo modo, dunque, non venivano registrate le percentuali per l’A22 concordate in base al bando di gara (tra il 27% e il 49%, a seconda della tipologia del prodotto), ma quote ben inferiori, quasi sempre il 5%.
Ma non ci sarebbe stata solo la “manomissione” degli scontrini: soprattutto quando all’area di servizio arrivavano pullman di stranieri non sarebbe stata nemmeno emessa la ricevuta fiscale. E per sfuggire ai controlli presso le aree di servizio concesse in sub gestione gli indagati usavano il linguaggio della segnaletica stradale: semaforo rosso e semaforo verde. Un quadro che, all’epoca, aveva portato anche all’emissione di un decreto di sequestro preventivo
che ha permesso agli inquirenti di “bloccare” beni per 1.121.427 euro, equivalenti all’importo del danno accertato tra il 2017 e il 2018.
Truffa, ma non solo. Dall’indagine, oltre che scontrini “manomessi” e registratori di cassa “truccati”, era spuntata pure la corruzione. Questa l’ipotesi di reato riportata sul decreto di perquisizione con cui, gli uomini delle Fiamme gialle, si erano presentati anche presso l’abitazione dell’ex responsabile dell’ufficio aree di servizio dell’A22. Accusa che si univa a quella di truffa in concorso, aggravata da danno rilevante e abuso del rapporto di fiducia, in occasione dell’emissione delle fatture da parte dell’A22 all’esito dei controlli sulle false dichiarazioni somministrate dalla Hermes tra il 2017 e il 2018. Il sospetto degli inquirenti era che, ad avvisare della presenza di controllori di A22 in azione delle aree di servizio, potesse infatti essere un dipendente infedele. E che, a fronte delle informazioni passate, avesse ricevuto delle utilità.
A casa sua i finanzieri avevano trovato una consistente somma di denaro. Soldi, aveva evidenziato l’avvocato Mario Giuliano, che difende l’ex dipendente con Matteo Pedretti, che erano nella sua legittima disponibilità: «Siamo in grado di dimostrarne la lecita provenienza, tanto che il denaro è rimasto nella sua disponibilità», aveva detto.
Già a fine novembre 2018 il dipendente era stato licenziato, ma le contestazioni contenute nella lettera erano diverse. Ben prima di arrivare ad interrompere il rapporto di lavoro, Autobrennero aveva presentato un esposto in procura su possibili irregolarità nella gestione del subconcessionario Hermes. Ora la posizione dell’ex capo ufficio è stata stralciata e l’indagine a suo carico non è ancora chiusa.