Morti di legionella in Paganella caso archiviato, anche perché l'indagine partì molto dopo
È stata archiviata l’inchiesta per i morti di legionella che, un anno fa, si sono verificati sull’Altopiano della Paganella, dove si erano registrati in totale 19 casi di malattia.
All’esito delle indagini e degli accertamenti dei periti, infatti, se da un lato è emerso che la legionella contratta dai vacanzieri fosse compatibile con quella rilevata nelle strutture ricettive, dall’altra non vi sarebbe però certezza rispetto al luogo del contagio, visto che in quel periodo c’erano condizioni atmosferiche tali per cui la legionella potesse essersi sviluppata in tutta la zona dell’altipiano. Ma manca anche la causa certa del decesso: le autorità sanitarie non fecero alcuna segnalazione e non venne eseguita autopsia. L’indagine della magistratura venne aperta solo in seguito ad un articolo di stampa.
Per questo, a fine luglio, il giudice, accogliendo la richiesta del pm Marco Gallina, ha disposto che il fascicolo andasse in archivio.
L’allarme era scattato all’inizio di agosto dello scorso anno. Tre le vittime di legionella, tutti turisti anziani che si trovavano in vacanza sull’Altopiano della Paganella. Il primo era stato Celestino Marchesani, 80 anni, di Adria, che alloggiava a Molveno e che era morto il 9 agosto nell’ospedale della sua città. Il 16 agosto, all’ospedale Santa Chiara, si era spenta Piermaria Maggi, 82 anni, di Pavia, mentre la terza vittima era Alessandro Barbera, 84 anni, di Milano, morto al Santa Chiara. Entrambi erano in vacanza ad Andalo. In totale, però, i casi di malattia registrati tra turisti che alloggiavano ad Andalo e Molveno erano stati 19, alloggiati in 14 strutture. A fine agosto, dunque, era stata aperta un’indagine della procura, affidata ai carabinieri del Nas di Trento.
Il fascicolo, inizialmente di tipo conoscitivo, aveva poi fatto un passo avanti: otto persone erano state iscritte nel registro degli indagati. Si trattava dei titolari delle tre strutture ricettive presso le quali alloggiavano le persone decedute. Per tutti l’accusa era di omicidio colposo, aggravato dalla violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro. L’ipotesi era che i responsabili non avessero predisposto il piano di valutazione del rischio legionellosi, omettendo dunque di provvedere ad una adeguata ispezione e manutenzione degli impianti termo sanitari e di distribuzione dell’acqua. Nel caso delle altre persone che avevano contratto la malattia e poi erano guarite, invece, l’accusa al vaglio degli inquirenti era quella di lesioni colpose, anche in questo caso con l’aggravante della violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro.
Gli esami condotti sulla rete idrica avevano scagionato l’acquedotto pubblico. Restava dunque da capire se gli anziani potessero avere contratto il batterio presso le strutture ricettive. I periti, come detto, non sono però arrivati ad una conclusione certa. Da un lato avevano rilevato che la legionella contratta dalle vittime fosse contabile con quella rilevata in sede alberghiera. Così come appare certo che, in quel periodo, per le condizioni atmosferiche, la legionella potesse essersi sviluppata in tutta la zona dell’altopiano. In conclusione, secondo gli esperti, c’era un altro grado di probabilità, ma non la certezza, che il contagio fosse avvenuto presso quelle strutture ricettive.
A complicare ulteriormente il quadro, come ha evidenziato anche il pm Gallina nella sua richiesta di archiviazione, il fatto che l’indagine sia partita solo in seguito ad un articolo uscito sul giornale settimane dopo il primo decesso.
Nessuna delle autorità sanitarie preposte - né trentine né fuori regione - a fronte dei casi registrati, aveva infatti proceduto con una segnalazione e con un riscontro autoptico. E, considerato che il batterio della legionella muore poche ore dopo il decesso della persona, il reperto avrebbe dovuto essere raccolto immediatamente. A questo punto, dunque, ci si trova con il paradosso di non avere nemmeno la certezza della causa della morte. Un quadro che, dunque, ha portato alla richiesta di archiviazione, accolta dal giudice.