'Ndrangheta nelle cave L'arrestato rimane in cella
Rimane in carcere Pietro Denise, arrestato nell'ambito dell'operazione "Perfido" sulle infiltrazioni della ndrangheta nell'economia trentina e, in particolare, sulla presenza di una "locale" con sede a Lona Lases e collegamento diretto a Cardeto, in provincia di Reggio Calabria. Il tribunale del riesame, con decisione presa in poche ore, ha respinto il ricorso presentato dall'avvocato Claudio Tasin: nessuna revoca o riforma delle misure contenute nell'ordinanza, Denise rimane in carcere a Pavia.
I giudici del collegio (Greta Mancini, Giorgio Flaim, Massimo Morandini) non hanno accolto la tesi della difesa, ossia che l'uomo sia stato coinvolto nell'indagine - l'accusa è di associazione a delinquere di stampo mafioso - solo perché di origine calabrese e senza che vi sia stato coinvolgimento diretto nei fatti contestati. Secondo l'avvocato Tasin, l'uomo - 49 anni, residente a Civezzano e operaio in una cava di porfido di Albiano - sarebbe finito nei guai per una lettura errata dei contenuti delle intercettazioni telefoniche, trattandosi di dialoghi tra corregionali, confidenziali, di sfoghi per non essere stato retribuito dalla società di Giuseppe Battaglia per il lavoro eseguito. È vero che partecipava a cene con altri soggetti finiti nell'indagine e condivideva le trasferte in Calabria in occasione delle feste, ma non c'è riscontro - per la difesa - all'ipotetica disponibilità di un'arma emersa in un'intercettazione.
La tesi difensiva della marginalità della posizione dell'assistito non ha portato dunque ad una modifica della misura cautelare. Questo significa un punto a favore della procura e dell'impianto accusatorio. Nell'ordinanza firmata dal gip Marco La Ganga (19 le misure cautelari eseguite), Denise è «partecipe del sodalizio», persona che «esegue le direttive del capo della cosca locale, fornendo supporto agli altri affiliati» e che «provvede alla manutenzione ed occultamento delle armi»; inoltre «è pronto a compiere azioni violente».
Il ricorso di Denise al Riesame potrebbe non rimanere isolato: in periodo di Covid, sono attese altre istanze per la revoca della detenzione in carcere a fronte della richiesta dei domiciliari o dell'obbligo di firma.
«Per anni responsabili politici della Provincia, sindaci del settore porfido, magistrati, e forze dell'ordine hanno sottovalutato il malaffare evidente da anni, che si sviluppava sotto traccia, come un cancro nel settore del porfido e nel Trentino»: il Clp (Coordinamento lavoro porfido) auspica «una seria riflessione sulle modalità di gestione del settore del porfido, che non può essere lasciata nelle mani della potente lobby locale che controlla direttamente o indirettamente le amministrazioni comunali della zona». Sono 26 gli esposti-denuncia presentati dal Clp alla Procura di Trento di cui 9 alla Corte dei Conti, a cui si aggiungono le segnalazioni del segretario del Comune di Lona-Lases Marco Galvagni e del presidente degli autotrasportatori Andrea Gottardi. Il Coordinamento lavoro porfido, evidenziando le frequentazioni degli arrestati con ex prefetti, un vicequestore, un ufficiale dei carabinieri e delle cene con alcuni magistrati, ricorda l'esposto denuncia del 5 maggio 2016 sul comportamento dei carabinieri di Albiano riguardo al pestaggio dell'operaio cinese Hu Xupai: «Dopo 4 anni, non sappiamo che fine ha fatto, se la magistratura ha indagato sull'esposto o meno».
Viene anche fatta autocritica: «Ci siamo accorti soltanto nell'estate 2014 che un membro del Clp cercava di coprire, sicuramente per via della relazione di parentela, i titolari della ditta Anesi srl dei Battaglia». Sospetti che hanno trovato conferma dell'ordinanza del gip, nella parte che ricostruisce come i lavoratori del porfido fossero ridotti in schiavitù: «Dalla intercettazione telefonica di due degli arrestati - spiega il Clp - si evince che gli operai della Anesi srl sono stati costretti a sotto firmare dichiarazioni false in merito alla regolarità retributiva su consiglio dato a Giuseppe Battaglia dal cognato sindacalista, Ezio Casagranda del sindacato di base Usb».