Porfido, la proposta di Marini: «I controlli passino alla Provincia»
La Provincia di Trento valuti la possibilità di costituirsi parte civile alla luce dell'inchiesta Perfido che ha rilevato la presenza di un locale
della 'ndrangheta in valle di Cembra, da anni radicatasi nel comune di Lona Lases. E contemporanamente si metta mano alla normativa del settore estrattivo, portando in capo alla stessa Provincia i controlli oggi affidati ai Comuni. Sono le due proposte di Alex Marini , consigliere provinciale del Gruppo misto, contenute in un ordine del giorno appesa depositato.
«Una presenza pervasiva».
L'operazione Perfido coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, ricorda Marini, ha dato corpo a quanto segnalato da anni da comitati civici e di lavoratori, organi e autorità dello Stato, privati cittadini e forze politiche. Vale a dire che «la presenza della 'nadrangheta in Trentino è un fatto accertato. Non solo, la sua penetrazione era, e con ogni probabilità è ancora, pervavisa e stanziale».
Il nodo del conflitto di interessi.
Il consigliere provinciale cita il procuratore regionale della Corte dei conti, Marcovalerio Pozzato («In Trentino odiosi favoritismi che vanno a vantaggio di parenti, amici e sodali degli amministratori», per arrivare al nodo vero che la politica non ha voluto sciogliere per decenni: «Sotto la voce conflitti di interesse» scrive Marini nella premessa all'ordine del giorno «si raccolgono tutte le criticità amministrative che in questi anni hanno attraversato le vicende delle concessioni estrattive e della filiera del porfido. Una gestione delle concessioni lasciata in mano ai comuni e dove la normativa è stata applicata in maniera diversa anche in relazione agli usi civici». Le problematiche del settore erano evidenti. Ma non solo non c'è stata una risposta normativa adeguata, si è infatti anche evidenziata «l'inerzia degli apparati pubblici preposti al controllo dell'attività estrattiva nonché dell'indotto (lavorazioni, trasposti, applati), lasciando in campo alle amministrazioni comunali i controlli, col risultato che, nelle stesse, fossero abbondantemente presenti soggetti palesemente o indirettamente collegati all'attività industriale legata alla filiera del porfido». Il conflitto di interessi, appunto.
L'authority solo promessa.
Visto il contesto, il consigliere ricorda la proposta fatta dall'allora assessore Alessandro Olivi che prospettò ( l'Adige del 4 aprile 2015) la necessità di "... mettere in capo alla Provincia le cave per garantire regole standard e comportamenti omogenei". Era la proposta di un'"Authority per il porfido". Ma è rimasta lettera morta, annota Marini per il quale, in tale contesto di conflitto di interessi, «ha trovato terreno fertile l'attività di soggetti che risultano indagati nei procedimenti giudiziari, con una presenza amministrativa preminente nell'amministrazione di Lona Lases ma che appare ramificata, per via di parentele societarie, in ognuna delle amministrazioni del cosiddetto distretto del porfido».
Legge continuamente ritoccata.
Marini ha calcolato che sull'attività di cava disciplinata con la legge 7/2006, si è intervenuti con 35 aggiornamenti, a conferma di quanto sia contorta la normativa. Ed ora si interviene di nuovo con il disegno di legge 64/2020. Qui, si inserisce l'ordine del giorno. Da un lato, annota Marini, «appare del tutto chiaro come le amministrazioni comunali non siano strutturalmente configurate per gestire il complesso quadro giuridico inerente all'attività di cava del porfido», e la «distorsione del mercato e della concorrenza (...) ha contribuito ad aprire le porte a infiltrazioni della criminalità». Dall'altra, l'operazione Perfido ha portato alla luce «fatti e carenze che potrebbero a loro volta sostanziare un danno d'immagine riguardante almeno alcuni territori della Provincia». Da qui la doppia richiesta: primo, entro sei mesi definire un progetto di riforma dell'attività estrattiva che «riassumi in capo alla Provincia i processi amministrativi e di controllo ora in capo ai Comuni»; secondo, valutare se costitursi parte civile e comunicare l'esito della valutazione «entro due mesi e comunque prima dell'inizio dell'udienza dibattimentale».