La giovane mamma che morì nel fango del rio Rotian: battaglia legale al processo
Per il decesso di Michela Ramponi, vittima di Vaia, è scontro di perizie: l’evento era «eccezionale» e quindi imprevedibile, o si potevano attuare misure di sicurezza a difesa dell’abitato?
IL LUTTO Lettera del marito di Michela Ramponi, vittima della tempesta Vaia
IL PROCESSO Chiesta l'archiviazione sulla tragedia di Dimaro
DIMARO. Archiviare (come chiedono pm e difensori dei quattro indagati), oppure disporre ulteriori indagini o anche invitare il pm a formulare l'imputazione imboccando così la via del giudizio (come chiedono le parti civili). Sono questi i tre scenari giudiziari che si prospettano nel procedimento penale aperto sulla tragedia di Dimaro in piena tempesta Vaia. Dopo due anni e mezzo di indagini, perizie e consulenze tecniche, ancora non è chiaro cosa sia accaduto la notte del 28 ottobre 2018 e se la morte di Michela Ramponi - rimasta imprigionata nel fango nonostante il marito avesse tentato in tutti i modi di strappare la moglie ad una morte atroce - poteva essere evitata.
Secondo la procura dalle indagini preliminari non sono emerse fonti di prova idonee a sostenere un giudizio a carico dei quattro indagati. La colata di fango che inghiottì le case in località Ruina a Dimaro innescata dal tracollo delle opere di protezione poste lungo il rio Rotian sarebbe da imputare a fenomeni meteo eccezionali e imprevedibili.
Eppure anche questo tema - l'eccezionalità dell'evento - non è pacifica. I consulenti tecnici dell'avvocato Paolo Chiariello (legale del marito della defunta Michela Ramponi) sono arrivati a conclusioni diverse. Agli atti c'è una perizia tecnica sull'Analisi satellitare multisensore dell'evento meteorologico del 27-29 ottobre 2018. Lo studio è firmato dall'ingegner Sante Laviola. Quest'ultimo, ricercatore del Cnr specializzato in meteorologia satellitare è arrivato a risultati sorprendenti. L'evento che ha colpì il comprensori del comune di Dimaro (ma i siti di indagine sono stati anche Pradalago, Grosté, Malga Zeledria, Mezzana e Malé) nel giorno 29 ottone, seppur con qualche caratteristica di rilevante intensità, risulterebbe essere un evento non eccezionale nei termini di "evento precipitante estremamente intenso e imprevisto".
In particolare la dinamica delle precipitazioni di quel giorno, ricostruita attraverso i dati satellitari e in accordo con le misure di pioggia al suolo, mostrerebbe una fase di intensificazione nel pomeriggio con intensità leggermente superiore a quanto registrato nei giorni precedenti e una successiva fase di significativa attenuazione dei fenomeni a partire dalle 19.10 - 19.50.
Accanto a questo studio la parte civile ha depositato un'articolata risposta del professor Roberto Ranzi alle conclusioni a cui è giunto il perito del giudice, il professor Andrea Gianasso di Torino. Secondo Ranzi l'evento che ha scatenato la colata detritica si ripeteva da secoli con un tempo di ritorno stimato intorno agli 80-100 anni.
Il procedimento giudiziario si gioca intorno a questo valore perché di fronte ad un tempo di ritorno inferiore ai 200 anni l'ente pubblico ha un obbligo di garanzia nei confronti della popolazione. Secondo il consulente della parte civile ci sarebbe stata quantomeno imprudenza nella previsione statistica e nella mappatura del pericolo che gravava sul conoide del rio Rotian.
Evento che fino alle ore 19 non era stato eccezionale né sotto l'aspetto meteorologico né considerando il concatenamento delle concause che hanno innescato la colata detritica.
Ben diverse sono le conclusioni a cui è arrivato il perito del Tribunale per cui la colata detritica è derivata da fenomeni naturali eccezionali (precipitazioni piovose e intensità del vento) e che, in concreto, non sarebbe stato possibile, in considerazione dell'eccezionalità e imprevedibilità dell'evento, predisporre un sistema di opere a difesa dell'abitato di Dimaro tale da impedire con certezza o con alto grado di probabilità la colata detritica».
Il perito aggiunge - rileva il pm nella sua richiesta di archiviazione - «che sulla base di quelle che erano le conoscenze dell'epoca, sarebbe stato possibile, prescindendo dalla relative problematiche economiche, la realizzazione di ulteriori opere di difesa dell'abitato, quale ad esempio l'ampliamento della sezione del canale sul conoide, interventi di rinforzo delle briglie esistenti, fino all'esecuzione di opere di ancora maggiore entità, ma tenuto conto di quella che era la situazione dell'epoca antecedente all'evento del 29 ottobre 2018 si possono ritenere giustificate le scelte operative poste in essere negli anni precedenti tale evento».
Secondo il perito del Tribunale nel caso del rio Rotian e della sua conoide il tempo di ritorno sarebbe molto superiore. Ma per giungere a questa conclusione nella perizia sarebbe stato fatto proprio uno studio eseguito dall'Università di Padova, studio che pone il ciclo di ritorno a 300 anni, sulla cui indipendenza il legale di parte civile mostra di avere dubbi. Questo perché il committente e finanziatore è la Provincia di Trento, cioè l'eventuale responsabile civile per tre dei quattro indagati.