Festival / Il dibattito

L’economia della pandemia: vaccini, ricerca, produzione e un futuro incerto

Interessante dialogo fra un Premio Nobel ed un immunologo: l’aver prodotto un vaccino in pochi mesi è già una straordinaria conquista, ora il problema è farlo avere a tutti

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di Patrizia Todesco

TRENTO. Un Premio Nobel per l'economia e un immunologo a capo della ricerca della GlaxoSmithKline Vaccines di Siena che discutono sulla pandemia, sul ruolo dei vaccini, sui costi - benefici e sulla necessità di organizzarsi al meglio in vista di future pandemie. Da una parte (anzi, dall'altro capo del mondo) l'economista Michael Kremer e dall'altra il microbiologo Rino Rappuoli. Entrambi, nel corso dell'incontro del Festival dell’Economia «Economia e politica di vaccini e pandemia», hanno convenuto sull'importanza che ha avuto il finanziamento pubblico per l'impulso alla ricerca e alla produzione di vaccini soprattutto in America e nel Regno Unito, ma su altre questioni hanno manifestato punti di vista diversi, come sull'implementazione della produzione.

«A prescindere da cosa si farà per combattere la pandemia, occorre fare cose sostenibili e il pubblico è l'unico in grado di agire da garante degli investimenti fatti», ha detto Rappuoli sottolineando pure come negli ultimi 20 anni i benefici anche economici dei vaccini non siano stati valutati abbastanza. «Ho lavorato con un gruppo economisti fin dall'esordio della pandemia e abbiamo studiato strategie per velocizzare campagna di vaccinazione - ha spiegato Kremer - . Strategie utili per il Covid, ma anche ci hanno fatto capire come potremmo prepararci per le pandemie del futuro».

Nel corso dell'incontro si è parlato anche di come si arrivati ad un vaccino contro il Covid in tempi così rapidi. «Molti esperti dicevano che prima della fine 2021 non si poteva approvare alcun vaccino. Siamo andati molto meglio del previsto. I problemi ci sono stati a livello di capacità di produzione».

Da economista Kremer ha parlato dei costi della pandemia in termini di Pil e di quelli legati ai vaccini. «Alcuni governi hanno investito per aumentare capacità produttiva e lo hanno fatto con speciali contratti. Per le pandemie del futuro dovremo prevedere situazione di stand by, accumulando vaccini e di diversi tipi per farci trovare preparati. Questo sembra costoso ed inefficiente ma non lo è. È invece auspicabile dal punto di vista dei costi-benefici e anche per l'equità. Si supererebbe il nazionalismo dei vaccini».

Inevitabile toccare un altra questione: molti stati poveri sono rimasti senza dosi. Per Kremer si deve portare avanti uno sforzo mondiale andando oltre i brevetti. Si dovrebbe incentivare la ricerca in modo diverso, ossia con la contrattazione preliminare utilizzata anche per il vaccino Covid e in precedenza anche per lo pneumococco.

Molto interessante il punto di vista di Rino Rappuoli, immunologo che si occupa da 40 anni di vaccini e che ha spiegato come si è arrivati ad averne uno per il Covid in tempi così rapidi. «Normalmente ci vogliono 15-20 anni, nessuno pensava di arrivare ad averne uno prima di tre. Sono felicissimo che ci siamo sbagliati e il primo vaccino è arrivato in dieci mesi. Come abbiamo fatto? Prima di tutto stiamo parlando di un vaccino che è risultato facile da produrre e poi eravamo pronti con le nuove tecnologie. Inoltre abbiamo accettato difficoltà, come la bassa temperatura di conservazione. Non saremmo però mai riusciti ad avere un brevetto in 10 mesi se non ci fosse stato un investimento enorme del settore pubblico. Velocemente si sono resi disponibili 13 miliardi e quindi le varie aziende hanno avuto soldi per mettere a punto il vaccino. I tempi accorciati perché tutto è stato fatto in parallelo grazie agli investimenti pubblici ed è grazie a questo che oggi abbiamo milioni di dosi prodotte in un lasso di tempo brevissimo».

E per i paesi poveri? «Ci vorrà tempo per colmare il divario, si parla di potenziare e rafforzare capacità di produzione. Ma attenzione. Fra 2 anni non avremo più bisogno di 16 miliari di dosi e a quel punto avremo capacità in eccesso. Quegli impianti saranno chiusi»

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