Mobbing? I dubbi della sua docente sulla scomparsa della giovane ginecologa Sara Pedri
Era entusiasta e preparatissima, poi è cambiata di colpo. La commissione d’inchiesta interna? «Cosa volete che faccia, che auto-accusi il suo reparto?»
L'ORDINE Ioppi: chiarire la situazione nel reparto
VIDEO Benetollo (Apss): inchiesta in corso e contatteremo la famiglia
LE INDAGINI Il procuratore di Trento Sandro Raimondi: “Faremo tutto il possibile”
IL VIDEO Le tappe della vicenda
IL RACCONTO "In quel reparto umiliazioni"
I FATTI Sparita in Val di Non
RICERCHE L'appello di parenti e amici
CLES. Cinque anni, i più importanti nella carriera formativa di una persona, vissuti fianco a fianco. Cinque anni, insieme ogni giorno, una a imparare e l'altra a insegnare. Una è Roberta Venturella, Professore associato presso l'Università degli Studi "Magna Graecia" di Catanzaro. L'altra è Sara Pedri, la ginecologa scomparsa a inizio marzo e del cui caso si sta occupando tutta Italia.
Venturella, specialista in Ostetricia e Ginecologia, un curriculum di alto livello all'insegna di numerose specializzazioni, da mesi si sta battendo per capire cosa si accaduto a Sara Pedri, «una ragazza intraprendente e testarda, volitiva e che pretendeva tantissimo da se stessa».
Professoressa, quando ha conosciuto Sara Pedri?
Circa 5 anni fa, l'ho seguita in tutto il suo percorso di formazione, eravamo fisicamente insieme praticamente tutti i giorni. L'ho conosciuta in maniera molto approfondita, sia da un punto di vista professionale sia da quello umano.
Poi, a novembre dell'anno scorso, il trasferimento in Trentino.
Esatto, anche se io ho provato più volte a trattenerla perché tra le specializzande era quella con più chance per una carriera accademica.
Era brava?
Senza dubbio. Aveva le competenze di una neo specialista, altre le avrebbe acquisite con l'esperienza e con il tempo. Ma aveva saputo gestire anche in sala molte situazioni difficili durante il percorso con me. Lei ha scelto il Trentino ed era contenta.Indubbiamente felice. Ha vinto il concorso e ne aveva vinto uno anche a Ravenna, ma ha scelto il Trentino dopo aver parlato con il primario. Sara aveva un grande interesse per la procreazione assistita e le avevano promesso che dopo alcuni mesi l'avrebbero mandata a seguire quel "filone", sempre rimanendo all'interno della vostra Azienda sanitaria. Ha scelto la vostra provincia anche e soprattutto per questo.
Vi sentivate spesso?
All'inizio sì, era entusiasta anche se ci diceva di sentirsi come dentro una lavatrice, ma che ce l'avrebbe fatta. Poi, nel giro di pochissimo tempo in realtà, si è fatta sempre più silenziosa, non voleva fare le videochiamate, era preoccupata.
Cosa vi raccontava del lavoro?
I messaggi li visualizzava solo la sera tardi, ma ci diceva che voleva essere efficiente in reparto e che quindi non guardava mai il telefonino. I turni di dodici ore si fanno anche a Catanzaro, ma era l'ambiente che la faceva sentire inadeguata. E lei stava male. Noi che formiamo questi ragazzi non possiamo pensare che in 3 mesi una ragazza di 30 anni, piena di vita, si sia trovata in una situazione del genere.
Poi la scomparsa.
Nelle 48 ore successive alla notizia ci siamo messi totalmente a disposizione delle forze dell'ordine per dare una mano. Ma non è servito. Ora la famiglia ha trovato la forza di parlare e chiedere spiegazioni, dopo un normale tempo di elaborazione. Il caso è diventato nazionale, si sta muovendo la magistratura, c'è una commissione dell'Azienda sanitaria, molti professionisti si stanno esponendo per confermare una situazione difficile. Non ci deve essere accanimento, noi capiamo il clima drammatico che stanno vivendo in reparto tanti medici, infermieri, ostetriche, ma è giusto capire cosa è successo e perché. Mobbing e prevaricazione non devono esistere, dobbiamo dare pace a questa ragazza. Se in pochi anni 19 professionisti se ne sono andati non è una cosa banale. So bene che le dinamiche sono complesse, che si lavora tanto e sotto stress, ma dietro c'è un sistema malato se così tanti se ne sono andati.
La commissione interna?
E cosa deve fare, i vertici che la gestiscono devono "auto incriminarsi"? Ci vorrebbe una commissione ministeriale che indaghi.