Caso Pedri, lettera a Speranza. E il fidanzato racconta gli episodi di potenziale «mobbing» alla giovane ginecologa
La tutor della dottoressa ha scritto al ministro: «Servono spiegazioni dal reparto». Il racconto del ragazzo, «era sollevata dal fatto di essersi dimessa», quell’ultima sera di messaggi, poi più niente
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TRENTO. Sara Venturella, professore associato di ginecologia e dirigente medico a Catanzaro, nonché tutor della giovane ginecologa scomparsa più di tre mesi fa da Cles, ha scritto al ministro Speranza per portare alla sua attenzione il caso che ormai da settimane occupa le pagine di giornali locali e nazionali. La tutor fa presente al ministro che «chi affronta ogni giorno la quotidianità di un lavoro stressante quello del ginecologo» dovrebbe avere la garanzia «che nessuno possa mai abusare di una posizione ufficiosa o ufficiale per denigrare e demansionare il loro operato».
«Noi con Sara abbiamo perso una amica e un pezzo di famiglia - si legge ancora nella lettera - ma il servizio sanitario nazionale ha perso un valido dirigente medico per la cui formazione ha investito denari pubblici negli ultimi cinque anni. Se il caso di Sara rimarrà senza una spiegazione, e se non verrà utilizzato come "evento sentinella" per guarire un sistema malato, il Paese intero avrà perso l'occasione per dimostrare attenzione e riconoscenza verso una classe lavorativa preziosa per la salute pubblica, e ognuno di noi, che ogni giorno investe tempo e risorse fisiche e mentali per il sistema sanitario nazionale, certamente non incentivato da un sistema premiale come quello pubblico, dovrà rassegnarsi all'idea che tra le stesse in cui aiutiamo le donne a donare la vita, qualcuno di noi la vita la perderà nel disinteresse e nel silenzio più assoluti». Anche la senatrice trentina Donatella Conzatti, nei giorni scorsi, con un'interrogazione aveva chiesto l'intervento del ministro Speranza e a quello della Giustizia Mara Cartabia.
Intanto il quotidiano "Il Resto del Carlino" ha raccolto anche la testimonianza del fidanzato di Sara Pedri, Guglielmo Piro, 33enne di Cosenza, che in un'intervista ha parlato di tre episodi chiave relativi al periodo in cui Sara ha lavorato a Trento. «Il primo - racconta - è quando pochi giorni essere arrivata si era fermata per la pausa pranzo e le fu impedito di farla. Il secondo fu in sala operatoria, a dicembre. Lo ricordo perché nevicava forte e lei era preoccupata di come sarebbe tornata a casa (a Cles, ndr). Mi raccontò di essere stata aggredita verbalmente da una stretta collaboratrice del primario che le diede uno schiaffo sulle mani, facendole cadere il bisturi, e che la cacciò dalla sala, mortificandola davanti a tutti».
Infine un terzo episodio: «A gennaio. Aveva finito il turno alle 14 ma una collega le chiese di rimanere. Disse 'Devi restare, mi servi'. Aspettò tutto il pomeriggio, seduta in una stanza da sola a non fare niente. Se ci sono stati, ha smesso di raccontarmeli. A un certo punto ha iniziato solo a ripetere "Ennesima giornata difficile" e "Va sempre peggio"».
Parlando poi della sera prima della scomparsa ricorda: «Mi dice che si è dimessa e che si si sente sollevata da un peso. Che per la prima volta da mesi ha mangiato bene e ha voglia di farsi una doccia e una bella dormita. Poi mi scrive un messaggio 'Ti amo'. Io le rispondo 'Ti amo' ma non lo ha mai letto. La notte era solita staccare la connessione dati del telefonino. La mattina del 4 marzo l'ha riattivata alle 6 circa e il messaggio è stato ricevuto, ma non c'è la spunta blu ».