Politica / Bonus

Vincolo dei dieci anni di residenza, la giunta provinciale condannata «resiste» anche in Cassazione

Nonostante le sentenze contrarie, la Provincia non ha ancora disapplicato la norma, e ora prende tempo, anche per allontanare i possibili risarcimenti arretrati da pagare

di Domenico Sartori

TRENTO. Non è bastato prendersi, giuridicamente parlando, una legnata in primo grado, in Tribunale. Né, poi, incassare la seconda in appello. Perché, per la giunta Fugatti, è più importante la coerenza politica, il mantenere la parola data agli elettori, quindi dare concretezza alla stretta sull'immigrazione a suo tempo incarnata dal ministro Salvini. E così, nonostante la doppia sconfitta, Fugatti non demorde.

Nella seduta di venerdì scorso, la giunta ha deliberato di ricorrere alla Suprema Corte di Cassazione per chiedere l'annullamento della sentenza della Corte di appello di Trento del 23 giugno 2021. Con questa sentenza, i giudici di appello hanno rigettato il ricorso della Provincia che aveva contestato il giudizio in primo grado.Il nodo è quello dei dieci anni di residenza per gli alloggi pubblici.

La giunta è stata sconfitta da Tola Daniel Bekele e dall'Asgi-Associazione studi giuridici sull'immigrazione che si erano rivolti al Tribunale di Trento contro la discriminazione incarnata dal requisito. Per i giudici, tale requisito è incompatibile con il principio di parità di trattamento tra soggiornanti di lungo periodo e cittadini nazionali fissato con la direttiva europea 109 del 2003. Per cui, la Provincia (e pure il Comune di Trento che aveva dovuto applicare il requisito) sono stati costretti a disapplicare la previsione della legge provinciale voluta da Fugatti, che subordina l'ammissibilità della domanda volta all'assegnazione di un alloggio a canone sostenibile in locazione al possesso del requisito della residenza decennale in Italia.

Norma immediatamente da disapplicare, in base al principio del primato del diritto dell'Unione europea sul diritto interno. Il Comune di Trento l'ha fatto, modificando il regolamento. La Provincia, anche per stoppare le sanzioni (pagamento di una somma giornaliera per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione dell'ordine impartito dal giudice), deve fare altrettanto, rivedendo il regolamento per l'accesso agli alloggi Itea. Tant'è che ieri, la modifica è stata oggetto di valutazione da parte della quarta commissione permanente del consiglio provinciale.

Sulla scelta discriminatoria della Provincia, intervengono con una nota Cgil, Cisl e Uil del Trentino assieme alle Acli trentine. Con le sentenze citate, ricordano le quattro organizzazioni «cade il primo pilastro del modello di Welfare discriminatorio voluto da questa giunta. Ci auguriamo che l'esecutivo prenda atto delle scelta assunte dalla giurisprudenza anche a livello europeo e assuma decisione politica togliendo il vincolo dei dieci anni di residenza anche per il bonus bebè. Questa misura resta un'ingiusta discrimazione», per Cgil, Cisl, Uil e Acli che fanno riferimento ad un recente sentenza della Corte di giustizia europea che ha riconosciuto il diritto dei cittadini stranieri con permesso unico di lavoro all'assegno di maternità e all'assegno nascita.

«L'orientamento della Giurisprudenza è chiaro» rimarcano i tre segretari provinciali Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti e il presidente delle Acli, Luca Oliver «così come è chiara la posizione assunta dal legislatore nazionale per l'assegno universale per le famiglie per ottenere il quale sono sufficienti due anni di residenza. Anche diverse regioni, come Veneto e Friuli Venezia Giulia, hanno previsto requisiti minimi di residenza per accedere alle misure di sostegno al reddito. Non sono i giudici interventisti. Il presidente Fugatti ne prenda atto e faccia scelte politiche conseguenti». Ieri, in quarta commissione, si è aperto il confronto anche sul disegno di legge di Alessandro Olivi (Pd) che propone di rimuovere il requisito dei dieci anni per il bonus bebè (assegno provinciali di natalità).

«Crediamo che la proposta in discussione sia equilibrata e vada nella giusta direzione. Dobbiamo puntare ad un Trentino inclusivo, in cui chi ha bisogno non viene discriminato ingiustamente per il Paese di provenienza. Per quanto ci riguarda continueremo a tenere alta l'attenzione su queste questioni sollecitando l'interesse dell'opinione pubblica trentina, ma anche sostenendo tutti quei cittadini e cittadine che volessero ricorrere al giudice per vedere riconosciuto un loro diritto. Ci auguriamo però che sia la politica a farsi carico, prima, di questa responsabilità», dicono Grosselli, Bezzi, Alotti e Oliver.

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