Animali selvatici investiti e uccisi sulle strade trentine, l'Enpa: "Necessario predisporre attraversamenti protetti"
La presidente Ivana Sandri lancia un appello alla Provincia, dopo le morti di numerosi cervi, di cinghiali e anche di un'orsa (ieri mattina a Ragoli): il problema esplode in particolare con l'apertura della caccia ma riguarda aree circoscritte e già note, dove bisogna installare sovrappassi o sottopassi per la sicurezza degli animali e degli automobilisti
L'INCIDENTE Un'orsa investita e uccisa da un'automobile, nessuna persona ferita
TRENTO. Due notti fa l'investimento di un orso a Ragoli: l'animale è morto, gli occupanti della vettura che lo ha colpito sono rimasti illesi.
Nelle settimane scorse, in varie zone del Trentino, incidenti con auto o camiono contro cervi, in particolare sulla Valsugana,
Torna così d'attualità la questione irrisolta dei dispositivi attuabili per mitigare questo pericolo.
Sono infatti numerosi gli interventi di mitigazione del pericolo che si possono mettere in atto, compresa la creazione di barriere dissuasive (luminose, sonore, olfattive) per tenere gli animali lontani dalle carreggiate (e incanalandoli verso punti più sicuri di attraversamento).
A rilanciare l'allarme è ora l'Ente nazionale protezione animali (Enpa) del Trentino, con la presidente Ivana Sandri, che chiede alla Provincia di mettere in atto azioni di prevenzione.
"I frequenti investimenti - scrive Sandri - che vedono coinvolti animali selvatici, l'ultimo dei quali è costato la vita ad un'esemplare di orso, ci vedono costretti a reiterare ancora una volta l'invito a fare quanto necessario per mettere in sicurezza le strade del Trentino. Per rendere opportuna e stringente la nostra presa di posizione è sufficiente riprendere la notizia di una Sentenza di Corte d'appello diffusa dal quotidiano "L'Adige", secondo cui 'qualora la zona sia nota per l'attraversamento di animali, la Provincia non si può limitare a mettere un cartello che segnala la situazione di pericolo, ma deve prevedere misure di prevenzione ben più efficaci, al fine di ridurre il rischio di incidenti'.
L'articolo continua, affermando che nelle ipotesi in cui 'la presenza degli animali sulla carreggiata è frequente e ripetuta in modo costante nel tempo con aumento della percentuale di incidenti, l'apposizione dei segnali verticali di pericolo non basta.
Infatti in tali casi il rischio diviene intollerabile e sorge in capo all'ente competente il dovere di predisporre ulteriori mezzi per impedire o comunque ridurre la situazione di pericolo'.
Ma - prosegue Sandri - non basta, perché sempre secondo la sentenza citata, per la Provincia di Trento 'deriva l'onere di intervenire nelle situazioni a rischio con misure quali l'apposizione di catadiottri, catarifrangenti, passaggi obbligati, segnali luminosi o reti di protezione'.
Come è ormai ben noto, l’antropizzazione e l’ampliamento della rete viaria hanno ridotto drasticamente le aree libere, causando l'interruzione del sistema di attraversamento da un territorio all'altro, intercettando percorsi usati da tempi immemorabili dagli animali selvatici per spostarsi dalle aree estive a quelle invernali, dalle zone di pascolo o di caccia a quelle di riposo, dalle zone di corteggiamento a quelle di riproduzione.
È ormai attestato che la cartellonistica che segnala le zone a rischio non dà risultati (i reiterati, continui investimenti ne sono la dimostrazione evidente e incontrovertibile), perché l'abitudine la rende "invisibile" e inefficace.
I dati sugli incidenti hanno dimostrato come siano altrettanto poco efficaci i catadiottri, anche perché dovrebbero venir posizionati ad altezze differenti, a seconda della specie: 70 cm per il cervo, 55 per il capriolo, 45 per il cinghiale, inoltre non funzionano durante il giorno, ma solo nelle ore serali e notturne.
L’andamento dei dati non suggerisce alcun effetto diretto dei dissuasori, conferma che il numero di incidenti dipende da condizioni stagionali e mostra un aumento di rischio investimenti in alcuni periodi dell’anno, che possono variare leggermente in relazione alle specie e alle condizioni climatiche: in aprile/maggio, quando c’è la dispersione dei giovani verso nuovi areali, e in ottobre/novembre/dicembre, quando la caccia provoca allontanamenti forzati degli ungulati dai territori abituali e la disgregazione di gruppi sociali consolidati, con conseguente nomadismo degli animali, o quando gli animali si abbassano di altitudine per trovare cibo.
Le ore più pericolose sono quelle dell’alba, del tramonto e quelle notturne, le zone di maggior rischio quelle vicine a corsi d’acqua, alle coltivazioni e alle zone arative.
Un modello sui dati degli investimenti ha portato ad una definizione del rischio di investimento, con la rete viaria trentina classificata in quattro classi di rischio.
Oltre il 90% degli incidenti è localizzato in meno del 30% dell’intera rete viaria.
Inoltre circa il 10-12% della rete viaria presenta un fattore di rischio notevole, circa 300 volte quello nelle zone a basso rischio.
Quindi sono ormai noti i tratti viari che presentano un maggior rischio di investimento di selvatici.
Nel 2006 nella zona di Mezzana, in Val di Sole, una galleria parasassi è stata casualmente costruita in un punto ad alto rischio di attraversamento della fauna selvatica: si è evidenziato che il manufatto viene usato dagli animali selvatici, con sensibile diminuzione degli incidenti.
Ciò rende l’uso di corridoi faunistici (noti anche come sovrappassi, sottopassi, ponti verdi, eccetera) particolarmente valido, anche guardando alle molte esperienze simili messe in atto da parecchi anni in tutta Europa, con evidenti e notevoli risultati di efficacia.
Negli investimenti dei selvatici non vi è nulla di inevitabile: per questo sollecitiamo con urgenza la predisposizione, nelle zone ben note di transito dei selvatici, di attraversamenti protetti, perché i sistemi per risolvere le problematiche inerenti alla tutela della fauna e alla sicurezza dei cittadini esistono e funzionano".