Discarica sotto sequestro a Castel Ivano, due dirigenti dell'Appa indagati per l'ipotesi di traffico illecito di rifiuti
L'operazione dei carabinieri del Noe di Trento scaturisce da una serie di verifiche effettuate su alcuni conferimenti di rifiuti contenenti policlorobifenili (Pcb), provenienti dalla bonifica del Parco Parenzo sud-ovest di Brescia. Il sequestro dell'area in Valsugana disposto a seguito della richiesta dei pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Trento. Perquisizioni anche negli uffici dell'agenzia provinciale: nel mirino due autorizzazioni rilasciate
TRENTO. Una discarica sotto sequestro e due dirigenti dell'Appa (Agenzia provinciale per l'ambiente) indagati per le autorizzazioni rilasciate: è l'esito di un'inchiesta svolta dai carabinieri del Noe di Trento, coadiuvati da altri colleghi, in relazione all'area di smaltimento rifiuti collocata nei pressi del Parco ambientale del Brenta.
"I carabinieri - si legge in un comunicato stampa diffuso oggi, 25 novembre - del nucleo operativo ecologico (Noe) di Trento, coadiuvati nella fase esecutiva da militari dei Noe di Venezia e Treviso, nonché da personale del comando provinciale di Trento, con il supporto aereo di un equipaggio del Nucleo elicotteri carabinieri di Bolzano, hanno eseguito un provvedimento emesso dal gip del Tribunale di Trento che ha disposto il sequestrato preventivo della discarica di rifiuti non pericolosi di Castel Ivano, frazione di Villa Agnedo, inserita nel “Parco ambientale del Brenta” (area a tutela ambientale, ubicata alla confluenza del fiume Brenta e dei torrenti Maso e Chieppena).
Il provvedimento è stato emesso a seguito della richiesta dei pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Trento, che hanno coordinato un’indagine volta a contrastare attività continuative ed organizzate nell’ambito dei fenomeni di criminalità ambientale e scaturisce da una serie di verifiche effettuate su alcuni conferimenti di rifiuti contenenti policlorobifenili (Pcb), provenienti dalla bonifica del Parco Parenzo Sud-Ovest di Brescia.
Le attività investigative, condotte dal Noe e supportate dal dirigente generale dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente (Appa) della Provincia autonoma di Trento, anche attraverso specifiche attività ispettive, hanno consentito di documentare come il sito, avviato nel 1993 quale discarica per rifiuti non pericolosi, aveva terminato l’attività di smaltimento nel 2005, con esaurimento della capacità ricettiva e collocazione in fase post-operativa, in cui nessun altro conferimento di rifiuti era possibile.
Con due successivi provvedimenti accertati essere del tutto illegittimi, attuati da altrettanti dirigenti dell’Appa consapevoli della divergenza dei loro atti dalla normativa in materia, era stato autorizzato il conferimento di nuovi rifiuti per la realizzazione della copertura e la riapertura di fatto della discarica, consentendo di procrastinare a tempo indefinito i termini per la chiusura del sito e recuperare ulteriori 130.000 mc di rifiuti.
La quantità di rifiuti conferiti è stata considerata di particolare valore economico, in ragione del fatto che la loro composizione è risultata – all’atto delle verifiche – di gran lunga più contaminata rispetto ai limiti previsti per la destinazione urbanistica del sito.
Oltre ai volumi di rifiuti conferibili, l’illegittimo iter autorizzatorio ha permesso di eludere le concentrazioni dei materiali inquinati, consentendo alla società che gestisce la discarica di conseguire un illecito guadagno economico.
I militari dell’unità speciale dell’Arma, oltre ad aver apposto i sigilli alla discarica realizzata alla confluenza tra il fiume Brenta e i torrenti Maso e Chieppena, che in assenza degli accorgimenti di legge per la tutela del suolo e delle acque, con l’apporto di nuovi rifiuti, pone un concreto pericolo di inquinamento ambientale, hanno sottoposto a sequestro penale anche i mezzi presenti presso la discarica, impiegati per il trasporto e la lavorazione dei rifiuti, e proceduto a effettuare differenti perquisizioni, comprese quelle degli uffici dei dirigenti provinciali che hanno rilascio le autorizzazioni.
Le posizioni degli indagati sono al vaglio della Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Trento, coordinata dal procuratore distrettuale Sandro Raimondi, poiché le ipotesi di reato riguardano le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, per aver intrapreso degli interventi in area a tutela ambientale e altro.
I pubblici ufficiali sono ritenuti responsabili anche della divulgazione di informazioni d’ufficio".