Omicidio di Agitu, l’assassino Suleiman Adams sarà giudicato con rito abbreviato
Oggi la prima udienza per il delitto di un anno fa, c’è anche l’imputazione per violenza sessuale, in Tribunale anche i familiari della pastora, venuti dagli Stati uniti, si costituiscono parte civile
TRENTO. Un femminicidio. Uno dei tanti che hanno funestato l'anno passato, una delle tante vittime che vengono ricordate proprio oggi, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne. Agitu Ideo Gudeta, pastora etiope di 42 anni, venne brutalmente uccisa lo scorso 29 dicembre da un collaboratore, Suleiman Adams, ghanese di 33 anni, reo confesso. E stamani, a Trento, si è svolta l'udienza preliminare. All'esterno dell'aula del Gup, Enrico Borrelli, ad attendere ci sono Bethelihem, Yemisrach e Yemi, sorelle e fratello di Agitu: sono partiti dagli Stati Uniti per partecipare ad un'udienza che si è consumata nel giro di pochi minuti, durante i quali si sono costituiti parte civile e il giudice ha fissato la data d'inizio del rito abbreviato, il 14 febbraio.
"Siamo qui perché vogliamo giustizia per nostra sorella", ha detto Bethelihem. Sul piano giudiziario, la vicenda è già indirizzata. Adams ha ammesso: è stato lui la sera del 29 dicembre ad uccidere a martellate Agitu nella casa di Frassilongo, in valle dei Mocheni. L'imputato è accusato di omicidio volontario e violenza sessuale. Per i legali della famiglia Agitu un chiaro caso di femminicidio, mentre la difesa punterà ad ottenere una pena meno pesante sostenendo il movente economico. La vittima - così la loro versione - avrebbe avuto dei debiti con Adams.
Se la vicenda giudiziaria è già in buona parte definita, resta l'eredità morale lasciata da Agitu, diventata un simbolo di integrazione. Era dovuta fuggire dalla sua terra d'origine dopo essersi schierata al fianco dei contadini contro il "land grabbing", ovvero l'accaparramento di terre messo in atto dalle multinazionali. A Trento si era laureata in sociologia, per poi avviare prima in val di Gresta e poi in valle dei Mocheni un allevamento di capre e la produzione di formaggi, la cui qualità è stata riconosciuta da numerosi premi. Una storia violentemente interrotta lo scorso inverno.
Sono molte le iniziative messe in campo per conservarne la memoria, alcune simboliche, altre più concrete. Come la raccolta fondi (100mila euro arrivati da tutta Italia) del comitato che vorrebbe tenere in vita "La capra felice", l'azienda di Agitu. Anche le Donne in cooperazione si sono mobilitate, istituendo il "Premio a donne pioniere nell'agricoltura sostenibile" intitolato alla pastora etiope e organizzato con un gruppo di amici del Trentino e dell'Alto Adige.