Dori: "Nella sanità trentina una svolta preoccupante verso il privato"
Il presidente della Consulta per la salute lancia l'allarme dopo il nuovo segnale arrivato con l'aumento dei contributi pubblici destinati a realtà private: " I segnali dal mondo sanitario sono stati molti, ma chi disegna gli orizzonti e chi disegna la modalità di uscita dai due anni di pandemia non li ha colti"
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TRENTO. «Siamo molto preoccupati. I rapporti tra sanità pubblica e privata sono uno snodo fondamentale. I segnali della direzione che sta prendendo il Trentino non sono pochi, non sono solo degli ultimi giorni e non sono solamente legati ai finanziamenti. Si sta sottovalutando la questione dell'equità nell'accesso alle cure».
Renzo Dori, presidente della Consulta provinciale per la salute, ha letto con attenzione dell'aumento dei contributi a favore del privato: per smaltire le liste d'attesa, Provincia, Azienda sanitaria e governo nel 2021 hanno versato 22,5 milioni di euro alle strutture convenzionate, quasi 3 milioni in più rispetto al budget concordato.
Insomma: il pubblico non ce la fa («Colpa del Covid», è la risposta più gettonata, ma poi ci sono anche le carenze di organico e la questione organizzativa interna) e allora il privato viene coinvolto sempre di più: non solo un aiuto "una tantum", ma un impegno crescente e quasi strutturale.
Dori: tagli al pubblico e più soldi al privato.
Qual è la sua prima reazione?
Prima di tutto che si sottovaluta l'equità: il pubblico garantisce le cure a tutti, il privato le garantisce solo a chi può permettersele. In Trentino ci stiamo muovendo su un crinale preoccupante.
Colpa del Covid?
Le difficoltà per i due anni di pandemia sono comprensibili. Ma il settore pubblico perde credibilità nei confronti dei cittadini se questi vengono dirottati sempre di più verso il privato. Noto una scarsa consapevolezza di tutto questo. Nel frattempo i medici ospedalieri sono sempre più demotivati e pronti ad andarsene.
L'indagine del Cimo a cui si riferisce è una triste conferma: i nostri dottori si stanno disinnamorando della sanità trentina. E questo non è legato totalmente al Covid: ci sono gli spostamenti, le chiusure e riaperture, la riduzione degli spazi di condivisione dei problemi. Nei metodi c'è qualcosa che deve essere modificato.
Azienda sanitaria e Provincia dovrebbero intervenire anche su questi aspetti?
Certamente. E in fretta. Non è una questione di soldi e di risorse, ma di sostanza: ci vogliono prospettive e orizzonti.
La motivazione del personale è fondamentale e la visione lo è altrettanto: non bisogna appiattirsi sulla quotidianità, continuando a tamponare emergenze. Si va avanti tampone su tampone, e non mi riferisco al virus.
Si sta effettivamente andando nella direzione di una sanità sempre più privata?
Se le strutture private continuano ad avere percentuali di finanziamento sempre più alte per prestazioni che il pubblico non riesce a dare, allora potranno assumere di più e rinforzare vari settori. Dobbiamo interrogarci su una piega verso il privato che non era mai stata presa in Trentino.
Questo tema è decisamente politico.
Certo che lo è. I segnali dal mondo sanitario sono stati molti, ma chi disegna gli orizzonti e chi disegna la modalità di uscita dai due anni di pandemia non li ha colti. Non vedo riflessioni critiche e autocritiche sulla carenza di personale, ad esempio. E nemmeno sulla demotivazione crescente.
La riorganizzazione come si inserisce in questa problematica dei fondi crescenti al privato e del pubblico in difficoltà?
La risposta secca è che con il Pnrr gli orizzonti temporali sono fissati, ed è il 2026. E anche gli aspetti economici sono definiti: i soldi ci sono. Quello che manca sono le idee. I contenuti mi sembrano piuttosto "bassi".
Dopo le critiche dello scorso agosto, con voi della Consulta ma anche Ordini professionali, sindacati, associazioni e (alcuni) partiti politici contrari alle proposte dell'Apss, la situazione è cambiata?
Noi siamo stati finalmente convocati per l'illustrazione del piano. Abbiamo già inviato un ampio documento in ottica propositiva per ragionare insieme all'Apss e alla Provincia.
Ma c'è ancora tempo? O la riorganizzazione è ormai definita e si attendono solamente alcune questioni "tecniche", a partire dalla nomina ufficiale del direttore generale e del consiglio di direzione?
Sarà la prima domanda che faremo: il documento che ci presentate è aperto o chiuso? Perché così come è stata presentata questa riorganizzazione soffre di ampio respiro. Mi viene in mente la campagna turistica: "Sei in Trentino, respira". Che diventa: "Sei nella sanità trentina, respira perché sei in affanno".