Dipendenza dal gas russo? Ma in Trentino avremmo tanta legna, e non la sfruttiamo come si dovrebbe
Le aziende artigiane della filiera a confronto, chiedono ai Comuni ed alla Provincia di rivedere le strategia: «Basta con il metano, da noi 28 impianti di cogenerazione, in Alto Adige ne hanno già 66». E converrebbe
TRENTO. Il boscaiolo porta il legname in segheria. Gli scarti di lavorazione prodotti finiscono alla centrale di teleriscaldamento o vengono trasformati in pellet. Ed il calore scalda le case. Parrebbe tutto semplice. In realtà, così non è. Perché la filiera trentina del legno, in un'ottica di economia circolare, è come una Ferrari che viaggia con le ridotte.
Gli "uomini del legno" riuniti attorno ad un tavolo presso la sede di Assoartigiani ne sono convinti. La biomassa legnosa è una risorsa che, per le abitazioni civili, può essere la risposta al gas di Putin. Perché garantisce stabilità dei prezzi. E perché è una risorsa competitiva, oltre che sui costi, anche per il contenimento delle emissioni climalteranti.
Gli uomini del legno.
Per le imprese boschive, c'è il presidente di categoria Paolo Sandri (Valsugana) con il vice Imerio Pellizzari di Valdaone, che gestisce anche un impianto a biomassa e siede nel cda di Aiel, l'Associazione italiana energie agroforestali. A rappresentare il modo delle segherie e degli imballaggisti ci sono Matteo Daprà di Lavis, presidente di categoria e della Filiera Legno Trentino, ed il vicepresidente Lucio Varesco di Tesero, che produce imballaggi e fornisce la centrale di Cavalese, la prima nata in Trentino, nel 1998.
Con loro c'è anche Nicola Casolla della Val di Ledro, che gestisce anche un impianto di cogenerazione. Fabrizio Debortoli (Eurolegnami di Novaledo) produce pallet con caldaia a biomassa. Andrea Ventura è amministratore delegato di Bioenergia Fiemme.
Il tema è di stretta attualità: può la biomassa legnosa rappresentare un'alternativa credibile al progetto di metanizzazione del Trentino Occidentale (dalle Esteriori all'alta Val di Non, passando per la Rendena e la Val di Sole) per portare il gas in 47 comuni che ne sono privi? Sì, anticipano la risposta Sandri e colleghi. Convinti, pure, che la filiera foresta-energia porterebbe di gran lunga più benefici all'economia locale (lavoro e stipendi) del continuare ad investire nel gas (132 milioni di euro previsti per 470 km di nuove tubazioni).Imprese e impianti.In Trentino,
il settore rappresentato in Assoartigiani è composto di 121 imprese di segheria e imballaggi, 242 carpenterie, 718 ditte per il comparto arredo e 121 ditte di boscaioli. Gli impianti di teleriscaldamento sono 28: da quello piccolo di Praso, avviato nel 2020 per le utenze pubbliche, a impianti più rilevanti ad uso civile: Peio, Fondo, Coredo, Predazzo, Cavalese, San Martino di Castrozza e Primiero...
Dice Debortoli: «Certo che la biomassa legnosa è un'alternativa credibile al gas. Guardiamo ai cugini dell'Alto Adige, territorio di montagna simile al nostro in cui abbiamo un prelievo da bosco di circa 500 mila m3 annui. In Alto Adige, ci sono 66 impianti». E Pellizzari rinforza il concetto: «È un'alternativa credibile, la biomassa, non solo per il teleriscaldamento nei centri più grossi. Lo è anche per il singolo, anche per l'albergo in zona isolata».
Va però fatta chiarezza su un aspetto: nessun intendimento autarchico, e non c'è nulla da imporre. Si tratta però di riconoscere che nel mix di soluzioni per la domanda di energia, se si passa dal gasolio al gas naturale, si può pensare anche al pellet e al cippato. «Non solo per ragioni economiche» spiega Ventura «perché c'è anche un dato culturale: utilizzare le risorse del territorio declina l'autogoverno di una comunità, e forse questo dovrebbe interessare». Nodo inquinamento e prezzi.
Il Peap, il Piano energetico ambientale provinciale 2021-2030 messo sotto accusa perché spinge più sul metano che sulla fliera del legno, indica che la biomassa legnosa contribuisce per l'84% alle PM10. «È il generatore che fa la differenza, vanno impiegate le migliori tecnologie» dice Ventura.
«Negli impianti di teleriscaldamento» aggiunge Daprà «il controllo è continuo, gestione, manutenzione e filtraggio ai camini sono assicurati. I controlli veri mancano semmai sui camini delle abitazioni, che vadano a legna o a gas».
E Pellizzari, sul punto, risponde citando i dati di Aiel aggiornati al gennaio 2022 e relativi alla emissioni di CO2: 326 kg per MWh dal gasolio di riscaldamento, 250 dal gas naturale, 29 dal pellet A1ENplus in sacchi da 15 kg, 25 dalla legna da ardere, 26 dal cippato B1.
Quanto ai costi al consumatore finale, si va dai 147 euro al MWh per il gasolio da riscaldamento, ai 138 per il gas naturale, ai 72 per il pellet, ai 25 per la legna da ardere e ai 24 per il cippato B1.Gli scarti vanno fuori provincia.
C'è una quantità adeguata di biomassa in Trentino per sostenere lo sfruttamento energetico? Varesco fornisce cifre illuminanti: «Le 140 ditte segherie e imballaggi, con circa 1.300 addetti, lavorano in Trentino in media 1 milione di m3 di tondo, ma la disponibilità è di 500 mila m3. Vuol dire che ne acquistiamo la metà da fuori provincia. Legname da lavoro che arriva da Austria, Lombardia, altrove. Il punto è che 1 milione di m3 di tondo lavorato produce 1,2 milioni di metri steri di sottoprodotti, scarti delle segherie che, per il 45-47% non viene utilizzato in Trentino ma finisce fuori provincia».
Con conseguenze su più fronti, anche sul traffico e l'inquinamento: «Un camion porta 100 metri steri, significa 6 mila camion in movimento per portare gli scarti fuori provincia» dice Daprà. Pellizzari cita i dati pre Vaia: «Il 59% dei sottoprodotti finiva fuori Trentino».
Perché avviene? Perché, rispondono gli "uomini del legno", se in Trentino funziona bene la fase del recupero forestale, è quella successiva della filiera che perde colpi: «Manca il terminale, manca lo sfruttamento in loco» dice Sandri. Ecco il punto: la biomassa legnosa è sfruttata soprattutto negli impianti del Trentino Orientale, molto meno nel Trentino Occidentale, dove Provincia e Comuni vogliono ampliare la rete del gas. Ed è qui che i rappresentanti delle filiera legno chiedono di riaprire il confronto.