Pandemia e discriminazione, le donne hanno pagato il prezzo più alto: pagate meno, costrette a licenziarsi dopo la maternità, con carriere precluse
Il rapporto della Commissione Pari Opportunità: numeri sconfortanti in Trentino, la conciliazione lavoro-famiglia è ancora un problema strutturale
TRENTO. Per le donne lavori più precari, e in generale minori opportunità occupazionali, interruzioni di carriera, divari retributivi che inevitabilmente si ripercuotono poi anche sugli importi delle pensioni. A questo aggiungiamo la questione istruzione. Nelle scuole differenze e stereotipi dovrebbero essere superati, e invece si ravvisano ancora forti condizionamenti nella scelta sia delle scuole superiori che dell'università.
Un esempio su tutti. L'incidenza delle donne laureate in ambito matematico, scientifico o tecnologico tra i giovani nella fascia 20-29 risulta significativamente più bassa rispetto ai coetanei laureati: in Trentino il divario è pari ad oltre dieci punti percentuali (8% donne e 18,7% uomini, più che nel resto d'Italia). Questo nonostante i livelli di istruzione raggiunti dalle donne siano più elevati.
Questo e tanto altro si legge nel rapporto biennale che la Commissione Pari opportunità ha commissionato all'Università di Trento. Ad incidere sui numeri, inevitabilmente crisi economica e pandemia che per le donne ha reso ancora più difficile la conciliazione lavoro e famiglia.
«Quello che emerge - spiega Anna Ress, ricercatrice del Centro studi interdisciplinari di genere - è che si sta andando nella direzione giusta, ma i miglioramenti sono lenti e ci sono ancora molte zone d'ombra. Il Trentino ha sicuramente dati migliori rispetto al reso d'Italia per molti indicatori, ma noi dobbiamo guardare al resto d'Europa e lì il confronto va meno bene».Molta disparità si registra ancora nella vita pubblica e nella partecipazione.
Su questo Paola Taufer, Presidente della Commissione, ha ribadito il sostegno alla doppia preferenza. «La tripla preferenza sarebbe un rischio per la partecipazione femminile».
Società. Durante la pandemia la ricerca evidenzia che si è verificato un calo della fecondità delle donne, con una procrastinazione notevole del primo figlio, maggiori difficoltà interne ai nuclei familiari e nella conciliazione famiglia-lavoro. La tendenza è a una instabilità coniugale, alla crescita di famiglie uni-personale con donne sole e di genitori soli con figli. Si registra anche un aumento sia della popolazione anziana e dell'invecchiamento in Trentino sia dei fenomeni migratori.
Emerge che le donne straniere sono doppiamente svantaggiate in quanto donne e in quanto straniere. Istruzione e formazione.Nel settore dell'istruzione le ragazze ottengono risultati migliori dei maschi ma questo poi non paga nel mercato del lavoro. Le scelte degli indirizzi di studio sono però ancora fortemente legate al genere.
Ci sono poi dati contrastanti. Nel 2020, ad esempio, le donne trentine tra i 30-34 anni in possesso di un titolo universitario erano il 41,4%, gli uomini appena il 26,5%. Una differenza che si è però ridotta negli ultimi due anni e che comunque non garantisce posti di lavoro di livello.La pandemia ha poi evidenziato un propensione dei giovani maschi all'abbandono scolastico.
Nel 2019 l'abbandono tra i ragazzi è stato del 7,1% cresciuto al 10% nel 2020. Tra le ragazze nello stesso anno la percentuale si è fermata al 5,6%. Stessa tendenza anche sul fronte degli abbandoni degli studi universitari.
Dunque donne più tenaci e impegnate negli studi, ma il report evidenzia ancora una certa segregazione formativa con l'istituto tecnico tecnologico ancora in gran parte maschile e il liceo umanistico femminile. Anche per l'università il discorso è analogo con le ragazze che prediligono gli studi umanistici (32,1%) e l'area medica (18,6%). Le statistiche dicono che tra i laureati le ragazze conseguono voti maggiori sia nelle triennali che nelle lauree magistrali. Cittadinanza e partecipazione.
Diligenti, capaci di ottenere risultati, ma speso un gradino sotto gli uomini. Le asimmetrie di genere nelle posizioni apicali sono infatti evidenti in tutti gli ambiti. Nelle aziende partecipate pubbliche del Trentino le donne presidente nel 2019 erano il 23,5% (4 su17) e il 34% nei consigli di amministrazione. Nel mondo della cooperazione le donne alla presidenza sono il 17,4% e nei Cda il 22,3%.
In calo anche la percentuale di donne dirigenti scolastiche. Si è passati dal 62% nel 2015 al 58% del 2019. Va meglio negli ordini e albi professionali dove le presidentesse sono il 34%. Nello sport il Comitato Provinciale di Trento del Coni è il primo e unico in Italia a registrare una presidente donna. In politica.
La disparità di genere - spiega il rapporto - è visibile anche in politica. Le donne sindaco sono il 18,3%, le consigliere comunali il 31,2%, le donne in consiglio provinciale il 25,7%. Tutto questo mentre si discute sulla terza preferenza di genere. Violenza.
Lockdown, pandemia, problemi economici sono tutti elementi che hanno aumentato le tensioni all'interno delle famiglie e anche gli episodi di violenza. In Trentino, ad esempio, il tasso di incidenza delle chiamate al numero 1522 di donne vittime di violenza è aumentato sia nel 2019 che nel 2020. «La vigilanza ha radici profonde - si legge nel rapporto - può manifestarsi in forme nuove, ma nasce e si diffonde laddove le norme sociali giustificano atteggiamenti dominanti. La violenza è figlia della subcultura del possesso e di una visone stereotipata del maschile e del femminile che riguarda ancora, purtroppo quote non marginali della nostra società. Al fine di contrastarla è soprattutto prevenirla appare dunque essenziale intervenire nei percorsi educativi e socializzativi, decostruendo gli stereotipi e i pregiudizi che spesso ne stanno alla base».