Il grido degli alpini: «Pochi giovani, rischiamo l'estinzione. Si torni alla leva obbligatoria»
Dopo due anni di stop, torna l'assemblea nazionale: 320 i delegati presenti, solo il 2% delle penne nere trentine ha meno di quarant'anni. Il problema del ricambio generazionale mette a rischio tutta una serie di servizi di volontariato fondamentali
TRENTO. Emozione. Tanta emozione negli occhi dei 320 delegati presenti ieri mattina in Sala InCooperazione a Trento, per l'assemblea sezionale dell'Ana trentina.
Di nuovo in presenza, seppure a ranghi limitati (invitati i capigruppo e alcuni loro delegati, formula minima prevista dallo statuto), dopo due edizioni vissute on-line.
Prima dell'assemblea c'è stata la messa, all'aperto, nel piazzale della stazione della Trento-Malè, in via Dogana. Poi la piccola sfilata lungo via Segantini, con la fanfara sezionale da 35 elementi seguita da labari e gagliardetti.
A salutare gli alpini all'ingresso c'era il presidente della Provincia Maurizio Fugatti, mentre all'assemblea hanno presenziato il vicepresidente Mario Tonina, l'alpino e consigliere provinciale Piero De Godenz, il commissario del governo Gianfranco Bernabei.
Nel suo intervento di saluto, il sindaco Franco Ianeselli, in fascia tricolore, ha ringraziato le penne nere per quanto fatto nei due anni pandemici che ci siamo lasciati alle spalle, «in silenzio, senza esibizionismi, con una macchina generosa e organizzata in aiuto a chi ha bisogno».
La vigilanza nei parchi, l'assistenza ai pre-triage ospedalieri, la consegna di tablet, farmaci, pacchi viveri alle persone isolate a casa. E ora la solidarietà ai profughi della guerra ucraina e l'impegno nella Protezione civile Ana (i Nuvola) che ha visto cinque alpini nella colonna mobile trentina che ha portato aiuti in Moldova.
«La pace è un'azione quotidiana - ha detto il sindaco, rivolto agli alpini - e voi, essendo solidali tutti i giorni, costruite tanti pezzetti di pace. Il vostro corpo, la vostra associazione, che hanno conosciuto da vicino la guerra, sanno che valore ha la pace». Nella sua relazione morale il presidente della sezione Ana di Trento Paolo Frizzi ha scandito a nome dell'Ana un chiaro «Basta guerra!» Citando le parole del reduce dalla Russia Guido Vettorazzo, scomparso tre anni fa: «Solo uno stupido che non ha mai provato la tragedia della guerra può volere un conflitto armato».
E non ha nascosto l'emozione: «È bello rivedersi negli occhi e abbracciarci... con cautela. In questi due anni ci è scivolato via dalle mani il nostro centenario, come abbiamo perso socialità e momenti istituzionali». Ma le perdite tra le «truppe alpine trentine non più in armi» sono state anche altre e importanti: in venti mesi 568 iscritti in meno, "andati avanti", che portano la base sociale a 22.500 soci (16.500 alpini effettivi, 6.000 soci aggregati). Ben dodici i reduci della seconda guerra mondiale scomparsi. L'anagrafe si fa sentire. La sospensione del servizio militare anche. Solo il 2% delle penne nere trentine ha meno di 40 anni. Il 35% ne ha più di 70. Solo 30 gruppi su 261 hanno aumentato gli iscritti; un calo ha interessato 164 gruppi. Il presidente Frizzi ha ben presenti le difficoltà del mancato ricambio generazionale e il rischio che corre il volontariato trentino con il lento ma prograssivo ridimensionarsi dell'Associazione alpini. Con una piccola provocazione, ha invitato le autorità e i politici a pensare due emergenze come la pandemia e l'assistenza ai profughi senza l'aiuto dei volontari alpini. Per non dire degli 80 volontari impegnati nei punti di controllo degli europei di ciclismo a Trento lo scorso settembre.
«Tutto questo tra dieci o quindici anni potrebbe essere finito. Prendete già contatto con le aziende di catering e lavoratori interinali per sostituirci. Solo un sistema organizzato gerarchicamente può salvarci dal disastro dell'improvvisazione e del pressapochismo. Dobbiamo tornare a un servizio di leva obbligatorio. Non per insegnare ai ragazzi a fare la guerra, ma per essere pronti a ogni calamità naturale o provocata dalla stupidità umana, come in questi giorni. Nei primi anni Duemila qualcuno ha creduto che il servizio civile volontario avrebbe supplito alla sospensione della leva obbligatoria: quel modello ha miseramente fallito».