Nuovo Ospedale di Trento, a Rovereto hanno paura che chiuda il loro: parla Valduga, sindaco e medico
Per il primo cittadino «Il Santa Maria del Carmine rimane». Ma quanta amarezza per lo stato della sanità trentina, fra «bandierine politiche» e scarsa programmazione
ROVERETO. Francesco Valduga, sindaco e medico. L'ultimo capitolo della vicenda del Nuovo ospedale trentino, il Not, tocca direttamente anche Rovereto. La conferenza provinciale dei servizi ha bocciato il progetto Guerrato, si parla di ripartire da zero, e ha ripreso vigore l'opzione di spostare tutto a Mattarello. Il che comporterebbe, secondo alcuni, la fine dell'ospedale di Rovereto così come lo conosciamo. Resterebbero le lungodegenze, qualche ambulatorio e stop.
Sindaco Valduga, che ne pensa?
«Che non ci sono risposte facili. E che l'idea di spostare tutto a Mattarello non può prescindere da considerazioni preliminari».
Quali?
«Primo: è davvero possibile azzerare tutto? Nel regime di patologia giudiziaria che viviamo, con ricorsi e controricorsi ormai corollario di ogni appalto pubblico e con la politica che non riesce ad esercitare il suo primato, con lo spettro di penali enormi cui far fronte? E con una protonterapia che ormai c'è, e che resterebbe da sola in via al Desert, nome più che mai appropriato a questo punto?».
Facciamo finta che sia possibile.
«Poi c'è il fronte urbanistico: mi sembra che si discuta di urbanistica come ad una partita di Monopoli. Come se fare varianti al Prg non comportasse tempi lunghi. E poi in quella stessa area, mentre la Provincia vi sta creando la "Trento Music Arena", parliamo di fare un nuovo ospedale? E il Comune di Trento? Qual è la sua posizione?»
Per ridurre tempi e procedure c'è già chi invoca un commissario.
«Che amarezza. Sarebbe la certificazione del fallimento della politica. E non intendo qui solo chi amministra direttamente la cosa pubblica, ma la politica nel suo complesso, i portatori di quelle competenze che dovrebbero far sentire in maniera costruttiva le loro proposte, partecipando al dibattito».
Di chi parla?
«Dei colleghi medici, a cominciare dai primari. Noi dovremmo essere capaci di parlare con la Provincia non solo delle nostre condizioni di lavoro ma anche di politica sanitaria, essere partecipi e presenti sempre nel suo sviluppo. Essere quelli che intervengono, anche a costo di qualche ruvidità dialettica, presentando la forza dei dati».
Sindaco, il trasferimento: è contrario o favorevole?
«Né pro né contro a priori. E certo non ne faccio una questione di campanile. Ma di metodo e serietà. Prima di discutere sul dove, va discusso su cosa si vuole realizzare».
Il Not.
«Se dietro questa sigla intendiamo un nuovo ospedale super specialisitico e ad alta tecnologia allora dovrebbe essere il nuovo ospedale del Trentino Alto Adige, e magari spostare la sede addirittura più a nord di Trento. Perché il bacino di utenza ottimale è quello della regione, una regione che proprio nella sanità dovrebbe essere riaffermata come istituzione. Ma invece tra Trento e Bolzano creiamo microfacoltà di medicina concorrenti, con la fretta di dover mettere una bandierina politica».
Quindi, per semplicità, poniamo che il nuovo ospedale si faccia a Mattarello: che cosa succederebbe a Rovereto?
«Un ospedale ad alta specializzazione e tecnologia, con la presenza della facoltà di medicina, non potrebbe comunque fare a meno del Santa Maria del Carmine, ma neanche del vecchio Santa Chiara. Nel disegno del Not superspecialistico è lampante la necessità di strutture che gestiscano una prima emergenza, una prima specialistica e la cronicità. Già il "vecchio" progetto del Not prevedeva meno posti letto del Santa Chiara, e la pandemia negli ultimi due anni ci ha dimostrato chiaramente la necessità di avere spazi. Ed anche l'andamento demografico ci impone questa direzione. E comunque forte delle sue competenze il Santa Maria del Carmine non sarà mai declassato ad ambulatorio, ma anzi vedrà rafforzato il suo ruolo di collaborazione con il "centro" su alcune specialità».
Si parla di prospettive di anni. Se non decenni. Ma la sanità trentina è in affanno oggi.
«Il problema principale è quello del personale. E anche in quest'ottica un campus medico con un ospedale superspecialistico sarebbe parte della soluzione. I medici bravi non li attrai con qualche soldo in più o gli skipass gratis, ma offrendo un posto di lavoro stimolante, in collegamento con le eccellenze scientifiche di cui il Trentino dispone. Perché a livello di capacità di investire in tecnologia e innovazione, questo territorio non prende lezioni da nessuno. Ma spesso non riusciamo a mettere in rete le nostre eccellenze, e farle diventare forze del territorio».