Tamponi facili, i clienti che avevano fatto l’abbonamento chiedono il rimborso: «Class action contro Macinati»
Maurizio Varesco ne è il promotore. «Dovendo effettuare i test regolarmente abbiamo sottoscritto l'abbonamento. Ora ci piacerebbe ottenere il denaro che abbiamo versato»
IL CASO Green pass facili, clienti anche da fuori provincia
L'ACCUSA Denunciato a Pergine un infermiere, aveva 120mila euro in contanti
TRENTO. I clienti dei centri tamponi gestiti da Gabrielle Macinati sono pronti a batter cassa. Si tratta di coloro che hanno sottoscritto gli abbonamenti ai test antigenici (erano previsti per i lavoratori ogni 48 ore) e che, a seguito dell'indagine dei carabinieri e della guardia di finanza, si sono ritrovati a metà gennaio con i centri di Pergine e di Trento chiusi e con i loro soldi persi. Più che una questione di denaro è un fatto di principio: l'idea è di una class action per recuperare l'importo anticipato.
Maurizio Varesco, residente a Carzano, in Valsugana, ne è il promotore. «Al centro tamponi di Pergine ci siamo rivolti sia io che la mia ragazza, ma anche numerosi conoscenti. Dovendo effettuare i test regolarmente abbiamo sottoscritto l'abbonamento, anche perché avevamo la sicurezza di una ricevuta da portare in detrazione senza dover pagare con il bancomat di volta in volta - spiega - La ricevuta infatti non era prevista per chi pagava il test in contanti, ma solo per chi utilizzava il bancomat o sottoscriveva un abbonamento da 5 o dieci tamponi. Ma dopo aver anticipato 101 euro ci siamo trovati con i centri chiusi. Ora ci piacerebbe ottenere il denaro che abbiamo versato: è una questione di correttezza e di giustizia, non solo una richiesta di tipo economico».
L'appello di Varesco è a tutte le persone che, come lui, hanno sottoscritto l'abbonamento senza poterne beneficiare. «Mi possono contattare all'indirizzo e-mail law2008@libero.it. Se siamo in tanti possiamo pensare di agire insieme per ottenere un rimborso», aggiunge.
Al centro tamponi di Pergine gestito dall'infermiere Gabrielle Macinati, ma anche alla sede di Trento rimasta aperta solo per pochi giorni, non andava solo chi era disposto a pagare un supplemento per avere il green pass rafforzato. Gli orari di apertura, dalle 6 del mattino e la sera fino alle 19, e il costo del servizio inferiore a quanto chiesto dalle farmacie attiravano tante persone.
Si rivolgevano a Macinati soprattutto lavoratori residenti in Valsugana che al mattino per comodità si fermavano a Pergine per effettuare il test. Persone che non c'entrano nulla con l'inchiesta dei "tamponi facili" che fino a questo momento conta 86 indagati per corruzione e falso fra i clienti (trentini, ma anche alcuni residenti in Alto Adige e addirittura in Piemonte), a cui si aggiungono Macinati, la moglie e tre collaboratori.
L'infermiere, ricordiamo, aveva ottenuto regolarmente dall'Azienda sanitaria provinciale l'autorizzazione per aprire un centro a Pergine, in un locale al centro sportivo, per poter effettuare i tamponi. Con le medesime credenziali, a fronte di una altissima richiesta di test, aveva aperto un secondo punto tamponi in via Senesi a Trento "prestando" le sue credenziali ai collaboratori per poter accedere alla piattaforma per l'inserimento dei dati.
Per questo è indagato anche per accesso abusivo al sistema informatico collegato con Azienda sanitaria e Ministero. Nel corso della perquisizione degli ambulatori di Pergine e Trento, delle abitazioni e delle vetture nella disponibilità di Macinati, della moglie e dei collaboratori vennero sequestrati 120mila euro in contanti.