Coltivava 11 piante di cannabis in val di Non: assolto, perché ne faceva un uso personale a scopo curativo
Fatto è illecito ma dovuto a ragioni sanitarie: il giudice afferma la priorità del diritto alla salute. L'uomo finito a processo soffriva di dolori di stomaco, insonnia e attacchi di panico: il medico gli aveva prescritto un costoso farmaco a base di marijuana. Ma poi la spesa in farmacia era diventata proibitiva per il paziente, che con la pandemia aveva perso il lavoro
TRENTO. Il diritto alla salute viene prima di tutto, anche della coltivazione di marijuana se a scopi terapeutici.
E così - con una sentenza destinata a fare giurisprudenza - il giudice Enrico Borrelli ha assolto dall'accusa di detenzione a fine di spaccio di 11 piante di cannabis un giovane della val di Non a cui il medico aveva prescritto l'assunzione di marijuana per curare dolori di stomaco, insonnia e attacchi di panico.
La sostanza stupefacente viene venduta legalmente in farmacia sotto il marchio di Bedrocan.
Il problema è che il farmaco si trova in pochissime farmacie e ha un costo proibitivo per il paziente rimasto senza lavoro in seguito alla pandemia da Covid-19.
Così il giovane aveva deciso di realizzare una "piantagione" casalinga ad esclusivo uso personale e sanitario: una scelta che rischiava di costare carissima al coltivatore di cannabis per cui la procura di Trento aveva chiesto il massimo della pena: 6 anni e 6 mesi di reclusione. Una batosta che il legale dell'imputato, l'avvocato Gabrio Stenico, è riuscito ad evitare: il processo si è concluso con l'assoluzione piena «perché il fatto non costituisce reato».
Per capire le ragioni giuridiche di questa decisione occorre attendere le motivazioni della sentenza ma si può supporre che il giudice abbia ritenuto che la coltivazione di cannabis di per se sia illegale, ma nel caso di produzione casalinga a fini terapeutici in sostituzione del Bedrocan sia scattata la scriminante dell'esercizio del diritto alla salute.I fatti contestati risalgono al settembre del 2020.
Sono stati gli uomini del Corpo forestale della Provincia, a scovare in val di Non alcune piante di cannabis coltivate in una località poco frequentata.
Per capire chi fosse il misterioso coltivatore di marijuana gli investigatori hanno piazzato delle foto trappole. È stato sufficiente attendere qualche giorno perché la "preda" cadesse nella trappola elettronica. Grazie alle immagini del coltivatore all'opera tra le piantine è stato possibile dare un'identità al giovane. Quest'ultimo, sottoposto a perquisizione domiciliare, ha subito ammesso di essere il proprietario della "piantagione", specificando però che era marijuana coltivata a scopi sanitari e strettamente personali.
Certo la quantità non era modesta: secondo il capo di imputazione, l'odierno imputato deteneva presso la sua abitazione 11 piante per un peso complessivo di 43.698 mg per un totale di 1.748 dosi medie ricavabili. La difesa ha valorizzato il fatto che dalle indagini nulla sia emerso che possa far sospettare la cessione dello stupefacente.
Le verifiche fatte sul telefono dell'indagato, i pedinamenti, la deposizione della ex convivente che ha confermato come l'imputato utilizzasse la marijuana solo per attenuare il dolore senza passare la sostanza a terzi. Tra le testimonianze raccolte c'è anche quella del medico, specializzato in terapia del dolore, che ha confermato di aver prescritto in più occasioni all'imputato la terapia a base di Bedrocan risultata efficace.
Il medicinale però è difficile da reperire - e non è disponibile nella farmacia del luogo dove vive l'imputato - il quale dunque per rifornirsi in periodo di lock-down doveva fare lunghe trasferte. Ancora più importante è che il Bedrocan costa molto, troppo per chi vive di lavori saltuari e, causa Covid, era rimasto senza occupazione anche precaria. Ragioni che però non hanno convinto la procura.
La difesa invece si è aggrappata alla giurisprudenza della Cassazione secondo cui «non integra il reato, per mancanza di tipicità, una condotta di coltivazione che, in assenza di significativi indici di un inserimento nel mercato illegale, denoti un nesso di immediatezza oggettiva con la destinazione esclusiva all'uso personale, perché svolta in forma domestica, utilizzando tecniche rudimentali e uno scarso numero di piante, da cui ricavare un modesto quantitativo di prodotto».