Un'odissea per adottare un bimbo in Cina: la vicenda di Paola e Ilario
La coppia trentina è in attesa da cinque anni che si sblocchi la fase conclusiva, dopo il complesso iter internazionale per poter accogliere un piccolo. ma le autorità cinese si mettono di traverso, l'ultima motivazione dei ritardi di Pechino sarebbe la pandemia
TRENTO. Hai presente una strada di montagna? Sali con entusiasmo, baciato dal sole; la strada svolta ed entri in un tunnel freddo e buio; esci nuovamente al sole; rientri in una galleria; poi ecco ancora il sole. Lo sappiamo, è irrispettoso ridurre una vicenda umana drammatica ad una banale metafora. Che abbia assunto le tinte del dramma (senza voler caricare i toni) la vicenda di Paola e Ilario, è un fatto.
La prima volta che hanno pensato di adottare un bambino in Cina risale all'ormai lontano 2018.
Ti avvicini all'idea con la leggerezza nel cuore, pensando che sicuramente troverai ostacoli, ma tutti superabili. D'altronde l'idea di andare a prendere un bambino in Cina non è proprio come mangiare una brioche. Ma se ti dicono che si può... Parte la trafila.
Ti metti in contatto con un'associazione (nella fattispecie Aibi, fra i leader in Italia), ti sottoponi all'iter burocratico, che non è nemmeno questo come mangiare una brioche, ma si sa, di facile nell'adozione internazionale non c'è nulla. Finalmente si apre la porta del contatto con il bambino: arrivano le prime foto.
È gioia condivisa con amici e parenti; diventa argomento del pranzo e della cena; si fanno progetti.
«Quando partiremo per andare a prendere Li Shiu?» Sì, perché il bimbo, oltre ad avere un visino sorridente, ha un nome. E ha già il lettino che lo aspetta a casa. Bello? Troppo bello! Troppo bellissimo! Ci scusiamo per la bestialità sintattica, ma è così.Dopo una prima foto ne arriva un'altra, e poi un'altra ancora.
A casa di Ilario Zanetti (di Lodrone, marketing manager in un'azienda locale) e Paola Perotti (di Trento, insegnante alla scuola media di Storo) arrivano pure un paio di brevi (troppo brevi, ma va bene) video: pochi secondi, ma sufficienti. Solo che ad un certo punto inizia lo strazio: si blocca tutto.
Passano le settimane e i mesi, e (torniamo alla metafora della montagna) la cima sembra lì, ma non arriva mai. Ti aggrappi a tutti.
Scrivi ai presidenti del Consiglio: a Conte e a Draghi, il che dà la dimensione del tempo che passa. Mandi una lettera al presidentissimo Sergio Mattarella (vuoi non contare sulla sua sensibilità?), un'altra al Papa. E attendi, con la fiducia che scende verso le catacombe. Un bel giorno arriva una (l'unica) risposta alla lettera spedita dalle coppie che stanno soffrendo, una trentina in Italia: è del cardinal Parolin, segretario di Stato Vaticano. Breve, appena 300 parole, però è ossigeno.
«Mi colpisce - scrive - la tenacia che manifestate nella ricerca di ogni tentativo utile alla soluzione, cioè di potervi riunire ai vostri amati bambini cinesi. Capisco l'urgenza e l'intensità degli affetti che vi muovono e cerco di immedesimarmi, come pastore, con la vostra pena». Allude alla pandemia (maledizione, è arrivata pure quella), ma il cardinale auspica, consapevole degli ostacoli. «Da parte della Santa Sede non si mancherà comunque di sollevare il tema nei contatti con la parte cinese».
Intanto i mesi si accatastano uno sull'altro, e l'ansia diventa angoscia. Paola e Ilario (come le altre 30 coppie in attesa) aspettano e temono. «Le prime foto - racconta Paola - ritraevano un bambino felice; in una c'era anche un bigliettino con scritto "Vi voglio bene mamma e papà". L'ultima foto e l'ultimo aggiornamento su di lui è dell'ottobre scorso. Triste, con i capelli rasati e magro. Potete immaginare la nostra reazione? Da ottobre più nulla. In questi anni abbiamo lottato. Alcuni politici ci hanno ascoltato, ma nessuno sembra in grado di smuovere l'imperscrutabile Cina. Il governo cinese, in tutto questo tempo, ha continuato a ripetere che, per il bene dei bambini e vista la presenza del virus, non è ancora il momento di partire».
Ecco: il bene dei bambini stabilito dagli adulti... «Abbiamo provato a rassicurare la Cina che qui pericoli non ce ne sono, che tutte le coppie hanno le tre dosi di vaccino (siamo state vaccinate con priorità grazie ad una disposizione del generale Figliuolo in vista di una possibile partenza). Ma niente». Pausa di chi sta perdendo le forze.
«Chiediamo - implorano Paola e Ilario - che la situazione si concluda, nel bene o nel male", e costa fatica dirlo. «L'emergenza sanitaria da noi è finita e non sappiamo perché non possiamo ricongiungerci ai nostri "figli per metà". La Cina è l'unico Paese al mondo ad aver sospeso le adozioni, con gravissime conseguenze per i bambini». Ma come? Non si fa tutto nel loro interesse? Sarà. Ma sono condannati a rimanere in orfanotrofio per decisione inappellabile degli adulti: condannati a piangere, come gli adulti che li attendono dall'altra parte del mondo per dare loro un pizzico di benessere e serenità.