L'omelia di Tisi per San Vigilio: no all'ossessione del cronometro, sì all' "inutile" dell'Amore. Non assuefarsi alla guerra
Dall’Arcivescovo anche la lettera alla sua comunità, quest’anno intitolata «La strada». Riflessioni sull’attualità dei Santi, non solo Vigilio ma anche Romero e don Pino Puglisi
TRENTO. E’ incentrata sul tema dell’amore, l’omelia pronunciata oggi in cattedrale dall’arcivescovo Lauro Tisi per la messa solenne di San Vigilio. «Il vicolo cieco dell’utile impoverisce l’amore, il gratuito è generativo» ha detto il presule, che oggi consegnerà anche la Lettera alla comunità, inttolata “La strada”.
«Il sangue versato di Cristo riconcilia, anziché produrre rabbia, perché si lascia alle spalle la categoria dell’’utile. Il vicolo cieco dell’’utile impoverisce l’amore, gli toglie forza creativa e innovativa, tarpa le ali».
Le nette parole dell’arcivescovo Lauro Tisi risuonano in cattedrale a Trento nell’omelia, Nella cerimonia, animata dalla Cappella Musicale del duomo, monsignor Tisi guarda a San Vigilio e ai martiri d’Anania ma ricorda anche «santi come Oscar Romero, Pino Puglisi e una lunga teoria di uomini e donne che continuano a generare vicinanza, riconciliazione e pace».
«L’amore autentico – è la riflessione monsignor Tisi – nutre sé stesso con tutta una serie di gesti e operazioni “inutili”: sorriso, tempo liberato dall’ossessione del cronometro, gratuità e gioia per dare spazio. Il gratuito è generativo, l’utile è distruttivo».
«In questo momento – aggiunge don Lauro – chiedo al Dio della vita non di suggerirci strategie pastorali ‘efficienti’, ma di donare alla nostra Chiesa uomini e donne abitati dal gratuito e dall’inutile; è questa la via nuova dell’annuncio del Vangelo».
«Dio non smette mai di guardare in chiave positiva la nostra vita, non è mai contro di noi, nessuna situazione lo porta a voltarsi dall’altra parte», conclude l’Arcivescovo non senza avere espresso il sogno di vedere una Diocesi pronta ad “«cquisire una profonda familiarità con la Parola di Dio, per poter fare esperienza dell’Amore irrevocabile di Dio per ogni uomo e donna».
Al termine della celebrazione, monsignor Tisi, come da tradizione dall’inizio del suo episcopato, ha consegnato ai fedeli la nuova Lettera alla comunità dal titolo “La strada”.
Alle ore 18, sempre in cattedrale, durante la preghiera dei Vespri guidata da monsignor Tisi sarà “svelato” l’affresco a soggetto mariano del 1300 venuto alla luce durante i restauri del Duomo.
IL TESTO COMPLETO DELL'OMELIA
“Voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo” (Ef 2,12)
Come può il sangue versato diventare riconciliazione, far diventare vicini i lontani? Come può la morte violenta di un innocente produrre vicinanza, comunione, riconciliazione?
Nel cuore del cristianesimo c’è questo annuncio incredibile: la morte violenta di un innocente, Gesù Cristo, è esplosione di vita che riunisce e riconcilia. La fraternità, la vita donata, che da duemila anni continua ad essere generata, pur tra tante contraddizioni, ha nel fatto storico della morte di Gesù la sua fonte e il suo inizio.
Grazie alla morte di Gesù di Nazareth, santi come Oscar Romero, Pino Puglisi e una lunga teoria di uomini e donne continuano a generare vicinanza, riconciliazione e pace (agli inizi di luglio sarà con noi un gruppo di adolescenti del centro di accoglienza Padre Nostro di Brancaccio fondato dal beato Pino Puglisi).
Qual è l’elemento decisivo al centro del paradosso cristiano? Il sangue versato di Cristo riconcilia, anziché produrre rabbia, perché si lascia alle spalle l’ingombrante approccio che organizza la vita attorno alla categoria dell’“utile”. A devastare la vita, a impoverirla, è la domanda mortifera: “A cosa mi serve?”. Il vicolo cieco dell’“utile” impoverisce l’amore, gli toglie forza creativa e innovativa, tarpa le ali. Per contro, l’amore autentico nutre sé stesso con tutta una serie di gesti e operazioni “inutili”: sorriso, tempo liberato dall’ossessione del cronometro, gratuità e gioia per dare spazio. Il gratuito è generativo, l’utile è distruttivo.
Commuove pensare come la nostra Chiesa, così ci ricorda San Vigilio nelle sue lettere, abbia nel sangue versato di Sisinio, Martirio e Alessandro le sue origini: “Fui spettatore, lo confesso, in mezzo a questi misteri e vegliai sulle ceneri dei santi. Io che non meritai di partecipare alla loro sorte, compresi la sublimità di quella grazia”, confida Vigilio a San Giovanni Crisostomo.
In questo momento chiedo al Dio della vita non di suggerirci strategie pastorali “efficienti”, ma di donare alla nostra Chiesa uomini e donne abitati dal gratuito e dall’“inutile”; è questa la via nuova dell’annuncio del Vangelo. Non un mansionario di cose da fare, ma una modalità rivoluzionaria di stare in relazione: quella del servo che vive per gli altri.
In Cristo pietra angolare “tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore” (Ef 2,21). Non gode di molta audience il termine “ordine”, esso viene percepito in modo un po’ sinistro; vita ordinata è talora sinonimo di vita spenta, mortificata, inquadrata. Sicuramente c’è un ordine che veicola volontà di dominio, allergia alle novità. L’ordine che scaturisce invece da Gesù, pietra angolare, è la festa della massima creatività e libertà. Dal palo infame, Gesù riesce ad andare oltre la violenza, il sarcasmo e gli oltraggi, conservando una visione positiva dell’umano: “non sanno quello che fanno” (Lc 23,24). È irriducibile nel suo pensare bene dell’umano, nel tutelarne la positività.
Contemplando il modo in cui Gesù muore, noi abbiamo la documentazione sicura: Dio non smette mai di guardare in chiave positiva la nostra vita. Nessuno di noi è pietra di scarto, umano maledetto. Contrariamente all’opinione corrente, Dio non è mai contro di noi, nessuna situazione lo porta a voltarsi dall’altra parte. Chi fa questa esperienza, conosce un nuovo modo di ordinare la vita, quello offertoci dal Vangelo di Giovanni: “Il buon pastore offre la vita per le pecore”. L’altro è l’orizzonte della mia vita, la mia ragion d’essere, la mia necessità, la mia vita. Solo chi fa suo questo stile può dire di conoscere la vita. Il mio sogno è riattivare, a partire dall’autunno, un movimento di ampio respiro, che conduca le comunità della nostra diocesi ad acquisire una profonda familiarità con la Parola di Dio, per poter fare esperienza dell’Amore irrevocabile di Dio per ogni uomo e donna. Vorrei realizzare quanto afferma papa Benedetto nella Verbum Domini, auspicando che l’azione pastorale prenda le mosse dalla Parola di Dio: “Non si tratta di aggiungere qualche incontro in parrocchia o nella diocesi, ma di verificare che nelle abituali attività delle comunità cristiane, si abbia realmente a cuore l’incontro personale con Cristo che si comunica a noi nella sua Parola.”