Marcomin difende Tateo: «Italia paese di bestie, sentenze sui social e licenziamento senza alcuna prova»
Duro sfogo social del medico, ex Santa Chiara, ora primario a Cavalese. Replica della famiglia di Sara Pedri: «andrebbero licenziati anche tutti coloro che si sono girati dall'altra parte». Degasperi: «Ha letto le carte dell’inchiesta o parla per sentito dire?»
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TRENTO. Prima un riferimento al giallo di Arce, all'assoluzione per la morte di Serena Mollicone. Poi il commento: «Nessun colpevole in questo grave fatto (l'omicidio di Serena ndr), mentre qui in Trentino si licenzia un primario prima di qualsiasi sentenza, perlomeno quella ufficiale se escludiamo la sentenza popolare. La stessa che ha mandato al rogo Giovanna D'Arco, rea di stregoneria. Insomma, questo non è un Paese normale: è un Paese di bestie, di incapaci e degno di questa politica fatta da incapaci che la danno a bere a un popolo di menefreghisti. Vergogna!».
A scrivere sul proprio profilo Facebook è Gian Luca Marcomin Bolsico. Professione medico, attualmente primario del punto nascita di Cavalese (venne nominato da Antonio Ferro a fine agosto dell'anno scorso) e in precedenza, dal 2003, dirigente medico al S.Chiara presso il reparto di Ostetricia e Ginecologia, con una parentesi di tre anni a Cles.
Il riferimento, evidente anche senza la citazione, è all'ex primario Saverio Tateo. Marcomin è stato "guidato" da Tateo per sei anni, dal 2015 al 2021, e si è sentito di difendere pubblicamente il suo ex capo, collegando questo caso a quello di Serena Mollicone.
Una difesa netta, con le accuse alla politica - e quindi a chi ha licenziato Tateo - e ai cittadini trentini, "colpevoli" di una sentenza senza prove e menefreghisti.
Immediata è arrivata una risposta dalla famiglia di Sara Pedri. «Volevo condividere con voi e commentare il post scritto dal primario di Cavalese Gian Luca Marcomin Bolsico, pervenutomi poco fa da amici di Trento», scrive la sorella di Sara, Emanuela, nella pagina "Verità per Sara Pedri".
Poi si rivolge direttamente a Marcomin: «Pregiatissimo primario, lei ha ragione di dire che il nostro "non è un paese normale". Infatti, leggendo gli atti e le testimonianze di quanto successo a Trento, forse avrebbero dovuto licenziare oltre al primario anche la vice primaria e tutti coloro che si sono girati dall'altra parte consentendo loro di comportarsi come despoti.
Soprattutto considerando che in quel reparto si firmavano anche dei falsi ricoveri, come dice la stessa Procura che tutt'ora sta indagando. Trovo quindi alquanto fuori luogo, inappropriato e indelicato il paragone tra le due vicende». Tantissimi i commenti di solidarietà per Sara Pedri. Tra questi anche quello del consigliere Filippo Degasperi, che da oltre un anno si è interessato alla vicenda.
«Intanto bisognerebbe chiedere a questo genio se ha letto le carte o se scrive per sentito dire, poi qualcuno gli spieghi che per licenziare un dipendente (anche se altolocato) non serve che venga violato il codice penale, i parametri per fortuna sono diversi. Che si dovrebbero mandare a casa anche quelli che per anni hanno fatto finta di non vedere (assessori, direttori generali, direttori dell'ospedale) è sicuro, ma il Trentino è fatto così. Meglio girarsi dall'altra parte».