Centinaia di immigrati sotto i ponti di Trento: sono richiedenti asilo cui nell'attesa è negato il diritto a un posto letto
Graiff, presidente di Astalli in Trentino: «Con l'avvicinarsi dell'autunno rischia di essere una vera e propria bomba sociale». Si tratta per lo più di pakistani richiedenti asilo arrivati lungo la rotta dei Balcani che sono in attesa dello status di rifugiati. Critiche alla lentezza della burocrazia nella valutazione dei singoli casi e nel rilascio dei permessi
TRENTO. I riflettori della campagna elettorale ancora una volta si accendono sull'immigrazione e sui barconi che affollano il Mediterraneo ma sta passando praticamente inosservato l'altro grande esodo, quello che proveniente dall'Oriente, perlopiù dal Pakistan, segue la rotta dei Balcani per entrare in Italia da Trieste e distribuirsi poi prevalentemente nel Nord. Immigrati e richiedenti asilo che a decine continuano ad arrivare anche a Trento, a un ritmo superiore alla capacità e volontà di accoglienza e di gestione delle istituzioni trentine. Tanto che il Centro Astalli, l'organizzazione di volontariato dei Gesuiti che opera a supporto dei rifugiati, non esita a parlare di emergenza.
«Con l'avvicinarsi dell'autunno rischia di essere una vera e propria bomba sociale» sostiene Stefano Graiff, presidente di Astalli in Trentino.Che la situazione sia molto complicata lo dicono i numeri. Per accedere ai posti letto di Casa San Francesco, il dormitorio dedicato ai richiedenti asilo in attesa di ottenere lo status di rifugiato e usufruire dei progetti di accoglienza pubblica, la lista d'attesa nei giorni scorsi ha raggiunto quota 161.
Tolte le 16 domande accolte significa che ci sono almeno 145 disperati senza assistenza e senza dimora in città; cifra da ritoccare sicuramente al rialzo posto che non tutti si presume abbiano fatto domanda per quel dormitorio. È tutta gente che da mesi, a volte anche anni, è in marcia alla ricerca di una vita libera e dignitosa e che arrivata nella nostra civile città si ritrova a dormire sotto un ponte. Sempre che anche quel sonno precario non venga bruscamente interrotto dalla polizia, come accaduto qualche giorno fa per l'accampamento notturno organizzato nel sottopasso ferroviario del Muse, quartiere delle Albere.
«È una condizione che non si era mai riscontrata in queste dimensioni neanche nel periodo di più forte afflusso di gente dal Mediterraneo» spiega Stefano Canestrini, direttore del Centro Astalli. Il perché si arrivati a questa situazione di emergenza è presto detto. Più che l'aumento dei flussi dai Balcani, che pure è drammaticamente reale, c'è una oggettiva lentezza della burocrazia nella valutazione dei singoli casi e nel rilascio dei permessi di asilo, indispensabili per avviare l'inserimento e l'accoglienza. Una lentezza che si spiega in parte con la necessità dei Commissariati di far fronte da qualche mese a questa parte anche all'ondata di profughi in fuga dall'Ucraina in guerra, in parte coi pochi posti a disposizione nei Centri di accoglienza straordinaria, 600 tutti concentrati e Trento e Rovereto e perennemente pieni.«Tutto questo non è degno della tradizione di accoglienza del Trentino» sbotta Graiff, secondo il quale così si finisce anche per violare le norme internazionali sui diritti dei rifugiati.
Per il presidente di Astalli la soluzione di buonsenso ci sarebbe ed è quella di tornare al passato, ad alcuni anni fa, quando l'accoglienza degli immigrati non era concentrata nelle città ma diffusa su tutto il territorio, con il coinvolgimento delle Comunità di valle: «Un modello che permetterebbe di attivare percorsi molto più efficaci, con piccoli gruppi capaci di integrarsi in maniera rapida in realtà dove tra l'altro c'è anche una forte richiesta di mano d'opera».Una inversione di rotta non facile vista la veemenza con cui qualche anno fa la Lega al governo del Trentino aveva voluto accentrare l'assistenza. Sperando in un calo strutturale delle richieste d'asilo tra l'altro la Provincia aveva annunciato l'anno scorso la chiusura del centro di accoglienza alla Caserma Fersina, cosa mai avvenuta. Certo finché è estate la folla dei senzatetto pagherà solo in termini di dignità ed emarginazione, ma quando arriverà l'inverno il prezzo rischia di essere molto più alto.