Le elezioni secondo Walter Pruner: «La Lega ha sottovalutato Cia, ma adesso che non diventi una corrida»
Navigato «sherpa» di tante tornate elettorali, pubblica la sua analisi, dalla Meloni al PD, e ovviamente commenta anche la scelta del Patt, una «opzione testimoniale» per le politiche
TRENTO. Walter Pruner, di campagne elettorali, ne ha vissute molte. Da «sherpa», o meglio, da «tecnico». E oggi ha pubblicato la sua analisi su quello che sta succedendo in Trentino con le candidature.
Scrive Pruner: «Breve, brevissima la campagna elettorale. Brevissimi i tempi di riflessione per i partiti. Nessuna incertezza parrebbe essere quella che riguarda gli esiti, da destra a sinistra. Ma il condizionale è d’obbligo, nell’ era della liquidità anche in politica. Striscianti da una parte le euforie, dall’ altra la rassegnazione. Si percepiscono entrambe, permeate rispettivamente dalla consapevolezza che poco più di un mese è tanto per perdere un cospicuo vantaggio e dall’altra troppo poco per recuperare il ritardo.
Il fatto che a Roma si siano già incontrati un paio di settimane fa coi tabulati dei sondaggi e quelli dei collegi blindati, ottimi, meno buoni, persi e quelli contendibili la dice lunga su quanto alla fine il pragmatismo della politica prevalga su programmi e prospettive. Così come la dice altrettanto lunga il fatto che in Trentino le forze in campo abbiano preferito non procedere a verifiche sondaggistiche autorevoli.
Implicitamente la scelta di non procedere alla classica mappatura previsionale da parte del centro destra e del centro sinistra certifica la estrema volatilità in Trentino della situazione. A dimostrazione che non esistono in realtà esiti già scritti e le forze si muovono con la prudenza di chi poco si fida dei boatos di piazza.
Resta curiosa anche la decisione, forse stravagante, di non avere, se non diffuso, neanche previsto un sondaggio locale di massima dal quale partire prima di rifinire, con l’opera di alta sartoria, i dettagli che riguardano le guarnizioni di chiusura di un abito di cui in queste ore si stanno definendo i dettagli. Ma evidentemente le minime variabili ancora in campo sono state ritenute decisive al fine del risultato finale: indice di una contendibilità ancora in campo e quindi di un flebile tentativo di giocarsi una partita non scontata. E qualche imprevedibilità in effetti è li a dirci che non tutto è scritto e nella pillola del fantomatico laboratorio politico trentino il principio attivo della certa vittoria non c’è.
Sul fronte Lega occorrerà capire se a pesare sarà pure da noi l’effetto salviniano dei citofoni, della maglietta putiniana, dei Savoini, dei rubli, del doppio strabismo russo e no vax, o se a prevalere sarà piuttosto l’effetto del volto governativo, quello dei “responsabili” alla Fedriga, alla Zaia per intendersi.
Per il Trentino leghista questo sarà insomma anche un test in vista del 2023, quello che negli USA chiamano elezioni di metà mandato, a capire se a prevalere sarà, come accaduto nel 2018, il traino salviniano, ora sbiaditosi nel doppio ruolo di governo ed oppositore, o se il giudizio sui quasi 4 anni di governo Fugatti sarà benevolo.
Per Forza Italia conta certamente l’età del suo leader, le spaccature interne con la fuga delle maggiorenti soprattutto in rosa come di quelli in blu, e la capacità di appeal di un prodotto usato e sicuro, in un’ arena politica che viaggia ad alta velocità tra cambiamenti di linguaggio e slogan. Il cavaliere ha preferito affidarsi all’ usato sicuro di un format comunicativo già messo in campo, con simmetrica opzione socialtelevisiva, nel famoso annuncio alla nazione di quasi trent’anni fa. Non sarà facile con queste armi di propaganda del passato vincere la sfida interna alla destra/centro meloniana, di rappresentare la nuova destra moderata e liberale che il disinvolto fantasista di Arcore sta inseguendo; ma le risorse del camaleontico cavaliere non vanno sottovalutate e se ha optato per lo stile scrivania, fotofamiglia, Milan (oggi Monza) ed appello, ha probabilmente ritenuto troppo stretti i tempi per cavalcare novità in tema linguaggio comunicativo. Ha poi preferito rinunciare a stucchevoli battaglie sulla scelta dei seggi in favore di scelte tecniche che garantiscano un equilibrio interno parlamentare attraverso la richiesta di pochi collegi, ma sicuri, per permettere ai suoi fedelissimi di continuare ad occupare le posizioni attuali.
Fratelli d’Italia, la grande novità, ha il compito principale di trasformare il motore a scoppio della sua solitaria opposizione di questi anni in proposta di guida: essa ha nella ancora sconosciuta squadra di governo che in caso di vittoria andrà a presentare, la maggiore incognita. Dato a livello nazionale il primo partito, sconta in Trentino due esami fondamentali da superare: da una parte la capacità di erosione nei confronti della scendente Lega; dall’ altra la capacità di penetrazione interna all’ elettorato centrista. Per la prima volta l’estrema destra è costretta per affermarsi, a chiamare all’appello quell’elettorato moderato di mezzo senza il quale il salto di qualità in area governativa non è praticabile.
L’operazione messa in campo dal consigliere Cia, considerata spregiudicata solo un anno fa, ha portato, seppure per cooptazione, all’ingresso in consiglio provinciale di una destra numericamente mai così forte in Trentino. La sua sottovalutazione da parte della Lega ha portato quest’ultima a pagarne dazio già ora in sede di candidature interne alla coalizione. Nel probabile discorso di insediamento alle camere il candidato premier sarà vivisezionato dai mercati, capaci di decretarne la sconfitta prima ancora del decollo: è la logica dello spread. Se a prevalere sarà invece la esperienza politica della edulcorata Giorgia nazionale e dei suoi navigati centristi alla Crosetto, il nuovo viaggio potrebbe portare a traguardare la legislatura riflettendo, in questi tredici mesi che ci separano dal voto in regione, effetti in sede domestica ora imprevisti, con riequilibri interni alla coalizione di cui sembra oggi pochi si stiano completamente rendendo conto.
Il Partito Democratico a guida Letta, oltre alla gestione delle costole satellite dei Renzi, dei Calenda, è chiamato a guidare una rimonta coalizionale complessa, attraverso una non facile ripresa dei tradizionali temi sociali caldi, apparsa piuttosto sbiadita nell’ agenda politica dei dem italiani degli ultimi anni. Il partito democratico in Trentino, tra equilibrismi interni e continui funambolismi, trattati con sagacia coalizionale della sua inesauribile segretaria, è chiamato a verificare il grado di tenuta neurologica di una base stanca ed esausta, che sul territorio attende con impazienza di assistere, all’uscita di quella che sembra essere sempre l’ultima curva, la bandiera a scacchi delle divisioni.
I Cinque Stelle, per quello che appare un appuntamento elettorale di passione, in questa tornata lasciano sul campo centinaia di parlamentari e con essi milioni di voti il cui alloggiamento finale per forza di cose risulterà dirimente. Anche in Trentino capire dove finirà parte dell’elettorato pentastellato sarà decisivo, vittima pure qui di una diaspora interna che non è ben chiaro ancora chi penalizzerà maggiormente; ben sapendo che la prova di maturità sarà per i Cinque Stelle trentini il 2023.
Con l’attuale sistema elettorale, a base maggioritaria e binaria, vinci o perdi, la sua tecnicalità decreta la passività rilevante di ogni posizione neutrale, che nei fatti non esiste: essa astensione determina la vittoria del favorito e riduce le speranze di recupero degli inseguitori. La non scelta dunque concorre alla sconfitta di uno o l’altro schieramento.
Se la opzione testimoniale del Patt, quella che gli analisti chiamano della utilità del voto inutile, sarà valutato atto di codardia o di coraggio, di diserzione politica o valoriale, è solo la cabina a poterlo dire.
Sul tema astensionismo, dato anche questo stimabile intorno al 40%, non ci si può esimere dal leggerne effetti imprevedibili: storicamente l’aumento della disaffezione tende a premiare le forze di vecchio conio. Se le novità microcentriste, laico, civico, liberali mostreranno un alto tasso di appetibilità la diffusione del virus astensionistico è destinato ad una brusca frenata.
Parte la sfida, che non sia una corrida» conclude Pruner.