Lascia l’auto in un cortile privato, minacciata di morte: ad aggredire verbalmente la donna sono stati padre e figlio
Il primo a urlarle contro sarebbe stato il genitore, con il figlio che gli ha fatto "da spalla" aggiungendo alle intimidazioni un epiteto ingiurioso. L'automobilista ha voluto rispondere non con le parole ma a carte bollate
TRENTO. È stata minacciata di morte e pesantemente offesa per aver lasciato l'auto in un cortile privato. Ad aggredire verbalmente la donna sono stati padre e figlio. Il primo a urlarle contro sarebbe stato il genitore, con il figlio che gli ha fatto "da spalla" aggiungendo alle intimidazioni un epiteto ingiurioso. L'automobilista ha voluto rispondere non con le parole ma a carte bollate.
Davanti al giudice di Trento sono dunque finiti padre e figlio. Il primo ha dovuto difendersi dall'accusa di minacce per aver detto alla donna che avrebbe dato fuoco a lei, al figlio di lei e alla vettura; il secondo è finito a processo per ingiurie per aver offeso l'onore e il decoro della donna dandole della meretrice (il termine era un altro) di fronte anche ad altre persone. Come è stato ricostruito in aula, due uomini sarebbero stati infastiditi dalla presenza della vettura della donna all'interno del cortile della loro abitazione.
Si trattava di una sosta temporanea, ma era bastato vedere l'auto entrare nella proprietà privata per far scattare la rabbia dei due. Il padre, accusato di minacce, per evitare il processo ha manifestato l'intenzione di voler risarcire la vittima con 750 euro. Denaro che la donna avrebbe trattenuto a mero titolo di acconto, a fronte dell'offerta precedente che l'imputato le aveva proposto, pari a 2mila euro. Il giudice di pace Antonio Orpello ha invece ritenuto che i 750 euro potessero andare bene.
«L'importo è apparso congruo a risarcire il danno da reato alla persona offesa» si legge nella sentenza, salvo poi la possibilità della vittima ad agire in sede civile. Per il padre il giudice ha dichiarato il "non doversi procedere". Stessa decisione è stata presa anche nei confronti del figlio, in quanto l'ingiuria non è più prevista dalle legge come reato (l'abrogazione è del 2016), ma diventa un semplice illecito civile.