Studentessa violentata durante una festa in baita, poi il risveglio shock: condannato a 4 anni
Se il giudice di primo grado ha valutato la mancanza del dissenso della vittima, l'Appello ha sottolineato la mancanza del consenso: la ragazza non ha detto "sì". Quasi scontato il ricorso in Cassazione dell'imputato
TRENTO. La violenza è avvenuta all'interno di un gruppo di conoscenti, che si erano ritrovati in baita per una festa, tutti studenti poco più che diciottenni o ai primi anni di università. Era l'estate 2020. Girava anche dell'alcol quella sera, ma tutti si sarebbero poi fermati a dormire o nella baita o in tenda, dunque senza il pensiero di mettersi poi alla guida.
La ragazza, che non ha mai negato di aver partecipato a qualche brindisi, il giorno dopo si era svegliata un po' confusa e con gli indumenti in disordine. Non ricordava di essersi spogliata, soprattutto era certa di non essersi abbassata i pantaloncini.
Cosa era accaduto la notte precedente? Un'amica l’ha aiutata a ricordare. La notte c'erano state delle effusioni con un giovane, poco più grande di lei. Lo stesso ragazzo che è finito a processo per violenza sessuale e che in primo grado se l'era cavata con un'assoluzione con formula dubitativa.
La Corte d'Appello di Trento ha ribaltato la sentenza del gup e ha condannato l'imputato a quattro anni in abbreviato. La vittima, all'epoca diciannovenne, si era costituita parte civile e ha voluto essere presente alla lettura della sentenza. In aula è stata ripercorsa la sua dolorosa vicenda.
La giovane, dopo quel risveglio scioccante e il racconto dell'amica, era tornata a casa e si era sfogata con la mamma, prendendo poi la decisione di andare a fondo alla questione. Si era rivolta al pronto soccorso per una visita specialistica e poi aveva presentato denuncia, perché lei la notte della violenza non avrebbe mai voluto andare oltre alle effusioni. Non ha voluto un rapporto fisico, lo ha subìto. Le indagini sono state condotte dalla polizia.
Nell'ottobre 2021 il gup aveva assolto il ragazzo con formula dubitativa perché non ci sarebbe stata una chiara espressione di dissenso da parte della vittima. Il giovane si era infatti difeso sostenendo che non si era accorto che la ragazza non voleva proseguire nelle effusioni amorose, pur ammettendo di aver lui stesso esagerato con l'alcol.
Il pubblico ministero aveva presentato ricorso contro la sentenza. Per i giudici di secondo grado quell'approccio intimo altro non è stato che una violenza sessuale. Che fosse un rapporto completo e meno, non ha importanza: il punto è uno solo, ossia che per una relazione fisica deve esserci il consenso di entrambe le parti.
Se il giudice di primo grado ha valutato la mancanza del dissenso della vittima, l'Appello ha sottolineato la mancanza del consenso: la ragazza non ha detto "sì". Di qui la sentenza di condanna a 4 anni. Quasi scontato il ricorso in Cassazione dell'imputato.