Truffatrice non vuole svolgere i lavori socialmente utili disposti dal giudice, per la Cassazione ha ragione
La 24enne ha sostenuto davanti agli Ermellini che il lavoro in cambio del beneficio della sospensione sarebbe stata una decisione presa dal tribunale «senza che vi fosse alcuna manifestazione di volontà in tal senso espressa dalla ricorrente in seno alla richiesta di applicazione della pena»
TRENTO. Nel marzo dello scorso anno la giovane truffatrice era finita a processo a Trento ed aveva patteggiato la pena. Ora il giudizio è da rifare. L'imputata, che ha 24 anni, si rifiuta di svolgere i lavori socialmente utili disposti dal giudice: secondo la corte di Cassazione ha ragione.
Per capire i motivi di questa sentenza è necessario fare un passo indietro, alla decisione di primo grado: la sospensione condizionale della pena era subordinata alla prestazione di attività lavorativa non retribuita a favore della collettività per la durata di 3 mesi.
La giovane ha sostenuto davanti agli Ermellini che il lavoro in cambio del beneficio della sospensione sarebbe stata una decisione presa dal tribunale «senza che vi fosse alcuna manifestazione di volontà in tal senso espressa dalla ricorrente in seno alla richiesta di applicazione della pena».
Per la Cassazione il ricorso è fondato: l'accordo della parti prevede una pattuizione anche per quanto riguarda il beneficio della sospensione condizionale della pena. La sentenza è annullata «dal momento che non risulta che le parti avessero definito un qualche accordo sulla prestazione, da parte della ricorrente, di una attività non retribuita a favore della collettività e sulla durata di essa».