Il dramma di Alidad Shiri, giunto a Steccato di Cutro per cercare il cugino diciassettenne
Il giornalista afghano, laureatosi a Trento, risiede da anni a Bolzano. Ieri, venerdì 3 marzo, è arrivato in Calabria per cercare il giovane parente che risulta disperso: «Al momento Atiqullah non è tra i deceduti, ma nemmeno tra i salvati. Le dichiarazioni di troppe autorità italiane mi addolorano»
LA TRAGEDIA Naufragio, trovato a riva il corpo di un bimbo
LE VITTIME Camera ardente a Crotone: l'omaggio del presidente Mattarella
TRENTO. Ha scoperto nel pomeriggio di giovedì 2 marzo che suo cugino, un ragazzo di diciassette anni, era a bordo del barcone che nella notte tra sabato 25 e domenica 26 febbraio è naufragato di fronte alla spiaggia di Steccato di Cutro, sulla Costa ionica. Ieri, venerdì 3 marzo, Alidad Shiri ha viaggiato per tutto il giorno, in treno e in auto, per partire da Bolzano e raggiungere la Calabria. Per capire, parlare con le autorità, sperare.
Una speranza irrazionale, ma viva, come spiega lo stesso Alidad. giornalista che dopo aver dovuto lasciare l'Afghanistan a 10 anni, è arrivato in Italia, in Trentino, si è laureato in Filosofia all'università del capoluogo e ora lavora come corrispondente dell'Adnkronos da Bolzano. Era bambino quando aveva dovuto lasciare la sua città natale, Ghazni, dove pochi mesi prima il padre era stato ucciso. Poco dopo aveva perso anche sua madre, sua nonna e la sorellina in un bombardamento.
«Il nome di mio cugino, Atiqullah Khalili, non risulta al momento né tra quelli delle persone salvate né tra quelli dei migranti recuperati senza vita. È disperso, al momento». Alidad è partito dal capoluogo altoatesino raggiungendo Roma in treno, per poi unirsi ad altri connazionali e amici e proseguire in auto verso la Calabria, dove è arrivato verso mezzanotte.
«Ad avvisarmi è stata mia cugina, la sorella di Atiqullah, che vive in Iran. Dopo che sono arrivate le notizie del naufragio, mi ha contattato per dirmi che anche lui era partito. Dalla Turchia, dove era arrivato dopo aver lasciato l'Afghanistan. Io non sapevo che fosse partito, mia cugina mi ha detto solo che aveva impegnato tutti i suoi risparmi per riuscirci e che quando aveva lasciato la Turchia in mare l'aveva chiamata, pieno di gioia. Ora arriverò a Cutro e cercherà di capire, ma anche di dare una mano. Ci sono tanti miei connazionali che hanno bisogno di assistenza, anche solo di incoraggiamento, sostegno, di traduttori per gestire questo momento devastante».
Dolore e rabbia convivono, in Alidad: «Mi hanno davvero addolorato le dichiarazioni di troppe autorità italiane in questi giorni. Mi ha meravigliato scoprire come davvero chi ricopre determinate cariche e rivesta pesanti responsabilità non comprenda la disperazione di chi vede più prospettive per la propria vita in mare, in una barca».
«Come si fa a non capire quale sia la disperazione di chi fugge da miseria, minacce, dal pericolo costante di venire ucciso e affida le proprie sorti e tutto ciò che ha, i propri soldi e la propria vita, a sconosciuti preparandosi a lunghi e pericolosi viaggi. Semplicemente perché il rischio e i pericoli rappresentano comunque un qualcosa in più del terrore e del nulla che devono lasciarsi alle spalle? Ecco, non credo sia difficile da comprendere, eppure in troppi ancora non capiscono».