Via Rasella, lo storico Di Michele: il terzo Polizeiregiment Bozen fu attivo in azioni antipartigiane nel Nord Italia
La polemica dopo le parole di La Russa sui soldati innocui "semipensionati": lo studioso bolzanino ricorda, al contrario, che i militari nazisti sudtirolesi colpiti a Roma il 23 marzo 1944 erano parte di un corpo utilizzato anche nel Bellunese e dintorni in repressioni con incendi di villaggi e fucilazioni di civili
SCONTRO Per La Russa l'attacco "non fu un atto nobile", l'Anpi: "Parole indegne"
MEMORIA Le giovani partigiane trentine Ora e Veglia, vittime anche di soldati conterranei
PROTAGONISTI Corrado Pontalti il partigiano Prua: "Così disertai dal Cst"
BOLZANO. Il Polizeiregiment Bozen, che il 23 marzo 1944 fu l'obiettivo dell'attentato della resistenza romana in via Rasella, non era "un'innocua formazione di vecchietti".
Lo afferma Andrea Di Michele, professore di storia contemporanea della Libera università di Bolzano.
Nell'azione dei Gap morirono 33 militari del terzo battaglione del Polizeiregiment Bozen e due civili.
La rappresaglia tedesca seguì, senza alcun preavviso, il giorno successivo con l'eccidio delle Fosse Ardeatine, in cui furono uccisi 335 prigionieri, tra cui dieci civili arrestati nelle vicinanze di via Rasella immediatamente dopo l'attentato.
Come ricorda Di Michele, "sull'attentato di via Rasella si sono susseguite nel corso dei decenni tante letture diverse, molte volte con finalità strumentali. Ciò è avvenuto anche in riferimento al ruolo e al profilo dei soldati sudtirolesi del battaglione Bozen".
Secondo lo storico, "nell'immediato dopoguerra, quando l'Italia, per assicurarsi il confine del Brennero, aveva tutto l'interesse a sottolineare le compromissioni dei sudtirolesi con il nazionalsocialismo, figure istituzionali presentarono il battaglione Bozen come formato da Ss e sostennero addirittura che furono i sopravvissuti di quello stesso battaglione a compiere la terribile rappresaglia alle Fosse Ardeatine".
A questa lettura si sono spesso contrapposte letture di segno opposto, "volte a mostrare quei sudtirolesi (e i sudtirolesi in generale) come pure vittime incolpevoli del nazionalsocialismo. Ecco allora che i soldati del battaglione Bozen vengono dipinti come innocui uomini di mezza età, presi in mezzo per caso", afferma Di Michele.
Le ricerche storiche ci dicono che il Polizeiregiment Bozen viene costituito nel settembre 1943, subito dopo che i nazisti costituiscono l'Operationszone Alpenvorland, la Zona di Operazione delle Prealpi, comprendente le province di Bolzano, Trento e Belluno, "che vengono di fatto, anche se non formalmente, annesse al Reich".
Si compone di tre battaglioni. "All'inizio del 1944, due battaglioni del Bozen vengono inviati in Istria e nel Bellunese, dove mostrano coi fatti di non essere delle innocue formazioni di vecchietti. Partecipano infatti attivamente alla guerra antipartigiana condotta dai nazisti, incendiano villaggi e fucilano civili", spiega lo storico.
"Il terzo battaglione viene invece inviato a Roma, dove il 23 marzo 1944 subisce l'attentato dei Gap. Alla fine della guerra lo ritroviamo attivo al nord, anch'esso impegnato in azioni di lotta antipartigiana", precisa Di Michele.