Morsa da un cane, rifiuta duemila euro. La vittima: risarcimento non congruo
Il giudice di pace di Cles: non serve il consenso, l’imputato ha riparato il danno e il reato è estinto. Il proprietario del cane, finito davanti al giudice con l'accusa di lesioni personali, ha offerto 2mila euro
TRENTO. Il suo cane, evidentemente non custodito a dovere, ha morso all'avambraccio una donna. Una ferita che, per i medici, era guaribile in sette giorni. La proposta del proprietario dell'animale di risarcimento del danno non è però stata ritenuta congrua dalla vittima. La domanda sorge dunque spontanea: quanto "vale" in termini di risarcimento il dolore fisico causato da una ferita e lo spavento patito in quella circostanza, quando la donna è stata aggredita dal cane? Il proprietario del cane, finito davanti al giudice con l'accusa di lesioni personali, ha offerto 2mila euro.
L'uomo, che ha sempre sostenuto di non sentirsi responsabile dell'accaduto, in accordo con il proprio legale ha deciso di risarcire la vittima in modo da chiudere in maniera pacifica e celere la vicenda. Ha trovato però da parte della vittima una forte resistenza: la donna, pur trattenendo l'importo offerto, ha chiesto più denaro.
Il giudice di pace di Cles di fronte a queste due posizioni opposte ha trovato l'equilibrio: ha ritenuto di non doversi procedere nei confronti del proprietario del cane per estinzione del reato, in quanto «l'imputato ha riparato il danno cagionato ed ha eliminato le conseguenze dannose/pericolose», ma ha anche evidenziato nella sentenza che la domanda di risarcimento del danno proposta dalla vittima, costituita parte civile, non è incompatibile rispetto all'esito del procedimento.
«L'estinzione del reato non comporta l'estinzione del diritto al risarcimento. Diritto che potrà essere quantificato nella sua interezza in sede civile e chiesto per la differenza, ove maggiore a quanto liquidato» evidenzia il giudice. L'episodio era accaduto in un paese della val di Non nell'ottobre 2020. Nel capo di imputazione si legge che il proprietario dell'animale «per futili motivi (siccome infastidito dalla presenza della donna), per colpa (consistita in imprudenza, negligenza, imperizia), ometteva la dovuta vigilanza sul cane di sua proprietà e lasciava che l'animale mordesse ripetutamente omissis fino a che la stessa non arretrava uscendo dalla di lui proprietà».
Nella valutazione del risarcimento, il giudice ha ritenuto che «l'importo è apparso congruo a risarcire il danno morale alla persona offesa, alla luce dell'istruttoria sommaria costituita in contraddittorio, tenuto conto che la parte potrà far valere eventuali maggiori danni nella competente sede civile dove anche l'imputato potrà difendersi compiutamente».
Sul fatto che la persona offesa si sia opposta alla quantificazione del danno proposta dall'imputato, pari a 2mila euro, viene ricordato il ragionamento della Corte di Cassazione: «Il baricentro della causa estintiva è spostato sulla condotta dell'autore e non sul consenso della vittima». Non si tratta di trovare una soluzione normativa che preveda una mediazione autore-vittima, ma è bene valutare la "condotta riparatoria". Nella sentenza si ricorda inoltre che la persona offesa ha un diritto di interloquire, non un dovere.