Escursionista ucciso in montagna dal sasso caduto: l'ex sindaco assolto "perché il fatto non sussiste".
Nel 2018 sul Lagorai morì un manager 56enne, Gianfranco Burlini: durante una sosta un masso si era staccato dalla parete rocciosa e lo aveva colpito in pieno. Assolto oltre all'ex primo cittadino di Bieno, Luca Guerri, un imprenditore altoatesino titolare di un cantiere forestale in zona: il tribunale ha stabilito che l'area dei lavori non interessava quella da cui sono caduti i sassi
TRENTO. Il 29 luglio del 2018 era una domenica e l'ingegner Gianfranco Burlini (foto), 56 anni, trevigiano trapiantato da tempo a Lavarone, aveva deciso di trascorrerla assieme ad un amico sul Lagorai.
Una camminata in montagna che si è conclusa in tragedia.
Durante una sosta un masso si era staccato dalla parete rocciosa, lo aveva colpito in pieno, ferendolo e facendogli perdere l'equilibrio tanto da farlo cadere privo di sensi oltre il ciglio del sentiero facendolo ruzzolare per qualche metro. Un incidente mortale.
Dal quale è nato un procedimento penale che vedeva imputati per omicidio colposo l'ex sindaco di Bieno Luca Guerri e un imprenditore altoatesino di Aldino, Peter Gurndin, titolare di un cantiere forestale che si trovava nella zona vicina al dramma.
Con una richiesta di risarcimento da parte della famiglia di 2 milioni e 800 mila euro.
Sono stati entrambi assolti "perché il fatto non sussiste".
Una sentenza non scontata visto anche il precedente del 2019 quando la corte d'appello di Trento aveva condannato il Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino a pagare un risarcimento di oltre un milione di euro alla famiglia di un turista padovano che è morto cadendo in un pozzo di una trincea della Grande Guerra. Era inverno e il pozzo era coperto dalla neve.
La ragione della condanna? La trincea non era stata adeguatamente segnalata.
E anche nel caso della tragedia lungo il sentiero Sat 365 era stata denunciata la carenza di cartelli d'allarme su una possibile caduta sassi nella zona interessata dal cantiere forestale.
«Abbiamo presentato una perizia - spiega Alessandro Olivi, avvocato dell'ex sindaco - che tramite verifiche e immagini dall'alto catturate con il drone, ha stabilito che il cantiere non occupava la zona dalla quale sono caduti i massi. E quindi che la piccola frana non ha collegamenti con il cantiere». Perizia che ha determinato che il punto esatto del sentiero in cui si è verificato l'impatto che ha cagionato il decesso del 56enne, era situato a monte del cantiere forestale, ad una quota di circa 1482 metri e ad una distanza minima di circa 120 metri in linea d'aria rispetto al limite superiore dello stesso cantiere. Un dislivello tra i due siti pari a circa 70 metri, con il cantiere che era più in basso. Un'analisi questa che ha portato anche la procura a chiedere l'assoluzione per i due imputati.
«Sono stati tre anni e mezzo duri - commenta dopo la sentenza Luca Guerri - non è stato semplice affrontarli per me anche da un punto di vista emotivo. Quello che mi fatto piacere è che fin dall'inizio gli amici e il paese mi hanno manifestato vicinanza e solidarietà. Solidarietà anche da chi politicamente è lontano da me. L'accusa ha pesato in parte anche sulla mia decisione di non ricandidarmi e l'assoluzione di oggi mi rende felice, anche per gli altri sindaci. In tanti hanno seguito la vicenda con ansia. La riflessione che si faceva insieme è che in caso di mia condanna la risposta poteva essere solo la chiusura di tutti i sentieri di montagna».
Aspetto che viene sottolineato anche da Olivi: «Mi auguro che nella sentenza venga esplicitato che camminare in montagna può essere pericoloso e che comporta accettare rischi che non possono essere imputati agli amministratori locali in termini di responsabilità oggettiva». Ma. D.