Conciliazione famiglia-lavoro, trentini più ‘stressati’ rispetto ad altoatesini e tirolesi
Il 67% di lavoratori e lavoratrici della Provincia autonoma di Trento dichiara di dedicarsi tutti i giorni o più volte alla settimana a figli o anziani e disabili presenti in famiglia. Una percentuale che in Alto Adige si ferma al 51% e in Tirolo al 43%. I sindacati: “Potenziare i servizi, più smart working e riduzione della settimana lavorativa a parità di salario”
MATERNITA' Mamme "equilibriste"
TRENTO. In Trentino i carichi familiari sono maggiori che in Alto Adige e in Tirolo: il 67% di lavoratori e lavoratrici della provincia dichiara, infatti, di dedicarsi tutti i giorni o più volte alla settimana a figli o anziani e disabili presenti in famiglia. Una percentuale che in Alto Adige si ferma al 51% e in Tirolo al 43%. E’ questo quanto emerge dall’indagine Euregio Ewcs sui tre mercati del
lavoro. Un dato che fa riflettere e che segnala oltre a una diversa dinamica culturale anche una diversa disponibilità di servizi conciliativi sui tre territori.
Questa è la lettura di Cgil Cisl Uil del Trentino che hanno partecipato a Bolzano alla presentazione dei risultati dello studio sulla conciliazione vita-lavoro nell’Euregio che ha coinvolto le tre Agenzie del Lavoro. Dall’analisi emerge un quadro positivo sulle possibilità di conciliare vita privata e lavoro, in tutte e tre le aree territoriali, con livelli di soddisfazione che superano l’85% in media nell’Euregio e che vedono comunque il Tirolo ad un livello di soddisfazione dell’87%, seguita dal Trentino all’85% e poi Alto Adige all’84%. Entrambe le province autonome si collocano, comunque, sopra la media nazionale che si attesta al 75%.
“Il nostro territorio ha fatto molti passi avanti in termini di conciliazione – commentano i segretari generali Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti – ma il dato sui carichi di lavoro così come il ricorso al part time dimostrano che oggi c’è ancora molta strada da fare. Per conciliare la strategia, infatti, non può essere solo il lavoro parziale, che comporta non solo redditi più bassi, ma anche pensioni future più basse e minori possibilità di carriera, il più delle volte per le donne. Al contrario bisogna potenziare i servizi e innovare l’organizzazione del lavoro con maggiore flessibilità, smart working e magari riduzione della settimana lavorativa a parità di salario. Questo renderebbe migliore l’organizzazione del lavoro, ridurrebbe i carichi di stress soprattutto sulla componente femminile e incentiverebbe l’occupazione femminile e la propensione a fare figli”.
Dallo studio emerge anche come le situazioni più critiche in termini conciliativi siano legate ai settori dove l’orario di lavoro si articola su 6/7 giorni la settimana, e dunque in settori come il turismo e i trasporti, e nel lavoro più povero. “Chiaramente chi ha stipendi migliori può compensare la minore flessibilità ricorrendo a servizi conciliativi a pagamento. Strada preclusa per chi ha un lavoro povero o precario. E’ anche per questa ragione che i servizi di conciliazione vanno estesi, resi accessibili in termini di costo e devono essere flessibili”, concludono i tre segretari generali.