L’errore: la droga non era droga, assolti grazie alle analisi
Tre persone erano finiti nei guai per aver offerto "hashish buono" a un agente in borghese. L'hashish che i venditori sostenevano fosse "buono", altro non era che una "sòla", una fregatura
TRENTO. Venditori di fumo sotto tutti i punti di vista: in senso letterale, per aver offerto "droga buona" al cliente sbagliato, ossia a un poliziotto in borghese, e in senso lato perché l'hashish che proponevano era solo un agglomerato vegetale, con un potenziale effetto stupefacente risibile (pari a 0,1%).
Tre pakistani di 27, 29 e 37 anni sono stati assolti dalla giudice Marta Schiavo perché "il fatto non sussiste". Erano accusati di spaccio, ma dai risultati delle analisi di laboratorio è emerso che la sostanza sequestrata non può essere considerata droga.
Risale all'ottobre di tre anni fa l'operazione che ha portato alla denuncia dei tre, al sequestro di complessivi 8,18 grammi di quello che sembrava hashish e di oltre 200 euro in contanti (185 euro in banconote di vario taglio trovate addosso ad uno dei soggetti, che non sapeva giustificarne la provenienza, e 15 euro e 20 euro in possesso dei due amici). In un parco di Trento nord gli agenti in borghese stavano verificando la situazione, dopo diverse segnalazioni in merito ad episodi di spaccio. Ad un certo punto a un poliziotto si sono avvicinati i tre pakistani, offrendogli "hashish buono".
L'agente si è qualificato e per gli stranieri non c'è stata più giustificazione che tenesse: i pakistani sono stati sottoposti a perquisizione e addosso ad uno è stato trovato «un pezzo di stupefacente del tipo hashish per un peso lordo pari a 8,18 grammi», come si legge nella contestazione. Per i tre è scattata la denuncia, mentre - come prassi - la sostanza sequestrata è stata inviata per le analisi al Lass di Laives, il Laboratorio analisi sostanze stupefacenti dei carabinieri.
Le verifiche hanno dato un esito negativo: tale sostanza non può essere considerata droga in quanto il principio attivo di Thc, che crea effetti psicoattivi in grado di alterare le funzioni neuro-psichiche, è risultato pari a 0,1%. L'hashish che i venditori sostenevano fosse "buono", altro non era che una "sòla", una fregatura. Più che di spaccio si è trattato di una truffa, ma in questi casi ovviamente i clienti ben si guardano dal denunciare di aver subìto un raggiro.
In tribunale era presente uno solo degli imputati, il 29enne difeso dall'avvocato Alessandro Meregalli, mentre gli altri due pakistani erano rappresentati in aula dalle avvocate Elisabetta Pisani e Patrizia Galvagni. Preso atto dei risultati di laboratorio della sostanza, per i tre imputati c'è stata sentenza di assoluzione.