Pedina la moglie anche in pizzeria: già condannato per violenza sessuale, ora a processo per stalking
Trento, la vittima raccontò le violenze subìte e i maltrattamenti, reati per i quali l’uomo è stato poi condannato a tre anni e nove mesi di reclusione. L'uomo, cittadini tunisino, al momento si troverebbe all'estero
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TRENTO. Allontanato dalla famiglia dopo la denuncia della moglie, anziché cercare di "rigar dritto" ha iniziato ad importunare la donna in maniera pesante.
«Ritira le accuse» le diceva in maniera intimidatoria, aspettandola sotto casa quando lei portava a spesso il cane, seguendola anche sui mezzi pubblici, contattandola con insistenza al telefono per avere un confronto.
L'uomo, un tunisino ora 37enne, conscio di aver fatto molto male alla moglie e della gravità dei reati che gli venivano contestati (violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia), pensava che con le minacce e la voce grossa la situazione potesse essere "aggiustata".
La donna, fortunatamente, non è stata zitta e di fronte all'ultimo sopruso ha denunciato nuovamente il marito. L'uomo, che avrebbe fatto ritorno in Tunisia dato che in Italia si sono perse le tracce da qualche anno, è a processo per stalking.
Davanti alla giudice Claudia Miori, venerdì scorso, ha parlato un testimone della difesa, mentre nelle udienze precedenti erano stati sentiti i testi della parte lesa.
La discussione è stata rinviata a settembre, quando potrebbe arrivare la sentenza per il reato di stalking.
L'avvocato Marcello Paiar, che rappresenta la parte civile, chiede un risarcimento pari a 10mila euro per la moglie e 5 mila euro per i figli, oltre a 8mila euro in via provvisionale e alla rifusione delle spese legali.
L'uomo è accusato di aver pedinato la moglie, di essersi a lei avvicinato intimandole di ritirare la denuncia, di averla seguita in autobus mentre era con i bambini, e addirittura in pizzeria.
Gli episodi di stalking risalgono a dicembre 2019 e il provvedimento di allontanamento dell'uomo dalla casa e dal nucleo familiare è di marzo dello stesso anno, con la possibilità per il tunisino di vedere i figli, che all'epoca avevano 8 e 10 anni, solo in uno spazio neutro.
Tali misure erano state prese urgentemente a seguito della denuncia presentata dalla moglie per le violenze e le umiliazioni subìte nel corso degli anni.
L'uomo, che spesso era sotto l'effetto dell'alcol e della cocaina, se la prendeva con la figlia ventenne che la moglie aveva avuto da una precedente relazione, facendole pesare la sua presenza in famiglia, minacciandola e colpendola con schiaffi. Ma era soprattutto la consorte ad essere un quotidiano bersaglio: spintoni, sberle, pugni alla faccia e in testa, offese, scenate di gelosia immotivate, ad esempio per un contatto Facebook che l'uomo non gradiva.
Ha preteso rapporti sessuali dicendo che gli erano dovuti in quanto manteneva sia lei che la figlia, pur sapendo che la situazione non era questa: era la moglie ad avere un regolare impiego e a portare i soldi a casa, mentre il marito lavorava saltuariamente. Le scenate e gli scatti d'ira erano improvvisi, anche a causa dell'abuso di stupefacenti, ma non per questo giustificabili.
«Emerge in modo inequivoco un comportamento prevaricante e connotato da scarse capacità di autocontrollo del soggetto in relazione a problematiche sue proprie scaricate contro i suoi familiari» rilevava il giudice di primo grado, che aveva condannato l'imputato a tre anni e nove mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e di 45.800 euro a favore della vittima.
La moglie, assistita dall'avvocato Paiar, si era infatti costituita parte civile in quanto consorte e come rappresentante dei due figli minori nati dalla relazione con l'imputato.
La sentenza è stata confermata in Appello ed è diventata definitiva di recente in Cassazione. Il tunisino si troverebbe all'estero, ma la giustizia va avanti: in Italia lo attende il carcere, dove sconterà la pena per la violenza sessuale e i maltrattamenti, mentre già a settembre potrebbe arrivare la sentenza per il reato di stalking. Ma. Vi.