Cybercrime, ora la minaccia per le imprese è l'intelligenza artificiale: «Molti non sono pronti»
Un seminario a Confindustria con Roberto Baldoni, già primo direttore generale dell'Agenzia per la Cybersicurezza nazionale: «Manca consapevolezza»
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TRENTO. «Non è solo questione di hacker che entrano nei sistemi e cercano di comprometterlo. Ora quando si parla di "cyberattacchi" abbiamo a che fare con diverse altre minacce che si affacciano all'orizzonte e che potenzialmente sono molto più devastanti di quelle che abbiamo vissuto finora».
Se Roberto Baldoni - già primo direttore generale dell'Agenzia per la Cybersicurezza nazionale, vicedirettore del Dis (Dipartimento informazioni per la sicurezza della Repubblica) e da 20 anni professore ordinario alla Sapienza di Roma - ha un pregio, questo è la capacità di arrivare subito al punto.
Come ha avuto modo di dimostrare ieri durante il suo intervento a Palazzo Stella su "Le numerose facce del rischio cibernetico all'interno della vorticosa trasformazione digitale" per il ciclo di incontri "Cybersecurity talks" organizzato da Confindustria e rivolto alle imprese trentine.
Manca consapevolezza aziendale. «Il tema della protezione dei dati sta diventando sempre più centrale per le imprese - ha spiegato nell'introduzione Roberto Busato, direttore di Confindustria -. Anche qui in Trentino abbiamo segnalazioni, non solo di minacce, ma anche di attacchi che hanno colpito aziende. Dunque abbiamo ritenuto importante avviare un percorso di informazione e formazione per far capire a tutti che oggi la competitività si gioca anche sul tema della sicurezza informatica». Il problema - è la tesi di Busato - che oggi la consapevolezza sul tema è ancora molto bassa.
«Forse con la guerra scoppiata in Ucraina la sensibilità è aumentata. Oggi le aziende stanno iniziando a fare investimenti. Non è però sufficiente un antivirus, bisogna mettere in campo un piano sistematico di difesa informatica, specialmente nelle aziende di piccola dimensione che fino a pochi mesi fa non la sentivano come un'esigenza primaria».
«Ogni azienda - ha insistito Baldoni - deve capire che, nella guerra cibernetica per la tecnologia, essa stessa può essere un target da colpire e quindi deve imparare a difendersi».I rischi e le minacce cibernetiche .Alla cinquantina di manager e imprenditori presenti alla lezione di ieri pomeriggio, il professore ha spiegato come le minacce all'interno del «mosaico di complessità» del mondo moderno, in cui si intersecano globalizzazione, cyberspazio ed elementi di geopolitica, sono tanti: gli attacchi cibernetici da "normali" hacker, o sponsorizzati da Stati nemici; l'interruzione delle catene di approvvigionamento sempre più allungate; la disinformazione politica e l'ingerenza sociale; l'intelligenza artificiale; la mancanza di competenza del personale in azienda.I pericoli dell'intelligenza artificiale.
È un sistema che ha potenzialità infinite e in grado di aiutare private e aziende, ma che nessuno conosce fino in fondo - la tesi del professore -. Essa mima il comportamento di un cervello umano, ma come una mente ogni tanto può deviare dalla ragione, chi ci assicura che anche per l'intelligenza artificiale non possa accadere la stessa cosa.
Non è un caso che Sam Altman, Ceo di OpenAi, sia andato di sua spontanea volontà davanti al Congresso americano per avvertire delle potenziali criticità dell'intelligenza artificiale. Mancanza di competenze.Già adesso si calcola che nel mondo ci siano 2 milioni di posizioni aperte nel mondo come esperti di cybersicurezza.
Tra 10 anni si arriverà 80 milioni: sarà un mercato selvaggio per accaparrarsi questi tecnici, «ma solo chi pagherà di più potrà avere i migliori» e prolificheranno figure capaci di vendersi al miglior offerente mettendo a rischio la sicurezza delle altre aziende.
Perché - e su questo ha insistito Baldoni - le aziende devono capire che la competitività in futuro si farà certo su prezzo, qualità del prodotto e del processo, ma anche sulla capacità di "soffiare"/non farsi soffiare dati e tecnologia dalla concorrenza.