«No allo sfratto del centro sociale Bruno: ecco la soluzione possibile»
Lettera aperta dal mondo della cultura e dell'impegno civile per rilanciare l'alternativa della permuta gratuita di proprietà: «Incomprensibile la fretta improvvisa di Patrimonio del Trentino Spa»
IL CASO La Provincia sfratta il "Bruno" e si va in tribunale
IL TEMA «Il centro Bruno è un antidoto alla disgregazione sociale»
POLITICI Un anno fa la Lega premeva già per lo sgombero del Bruno
REPLICA "La richiesta di sgombero è solo propaganda, noi restiamo"
STORIA Nel 2006 la nascita del centro nella prima sede di via Dogana
TRENTO. «Per la terza volta in 5 anni si minaccia di sfratto il Centro sociale Bruno e per la terza volta in cinque anni torniamo a ripetere che è possibile trovare una soluzione». Mettono di nuovo nero su bianco la loro proposta, «contro lo sfratto», Quinto Antonelli, Francesco Filippi, Domenica Primerano, Maria Vittoria Barrella, Walter Nicoletti, Alberto Tomasi, Fabrizio Rasera, Camillo Zadra, Michele Toccoli, firmatari della lettera indirizzata al presidente Maurizio Fugatti, al sindaco di Trento Franco Ianeselli e al presidente di Patrimonio del Trentino Andrea Maria Villotti.
«Incomprensibile sia la fretta di Patrimonio del Trentino, sia il riferimento al pagamento dell'Imis, tema mai sollevato negli anni passati a fronte dei due passati nostri tentativi pubblici di proporre una soluzione concreta».
I problemi politici «dovrebbero essere affrontati come tali e non ridotti a questioni amministrative e di ordine pubblico».
La proposta era stata già formulata a dicembre 2022 in una lettera aperta: «Una permuta gratuita di proprietà (come avvenuto con altri stabili della città) o a qualche altro accordo che permetta la sopravvivenza di un centro, indispensabile antidoto alla disgregazione sociale così preoccupante anche in Trentino». Quattro anni fa, nel 2019, «quando per la prima volta venne intimato lo sfratto scrivevamo con apprensione che ciò avrebbe provocato la chiusura di uno dei pochi luoghi di aggregazione giovanile esistenti in provincia».
Gli spazi nel corso del tempo «sono stati utilizzati per l'integrazione dei rifugiati con i corsi di italiano, per l'accoglienza di persone senza tetto, per ospitare altre associazioni come i gruppi d'acquisto solidale e popolare. Il fatto che il Centro sociale Bruno faccia riferimento ad una concezione del mondo che, sbrigativamente, chiamiamo di sinistra non può e non deve essere di ostacolo per una amministrazione di diverso colore politico».
La chiusura del Bruno? «Perdita, impoverimento culturale e politico per l'intera società trentina». Il documento prosegue: «L'edificio che oggi ospita il Bruno era stato fino al 2013 uno spazio abbandonato e cadente: dato in comodato d'uso all'associazione Commons, è stato recuperato con il lavoro volontario dei soci. Da questo punto di vista era ed è dunque un esempio virtuoso di come si possa rigenerare il patrimonio urbano inutilizzato e a rischio di degrado per promuovere la partecipazione giovanile (ma non solo)».Nel 2019 lo sfratto era legato a «un piano di riqualificazione dell'intera zona rimasto sospeso».
Nel 2022 «lo sgombero forzato si profila come una prova di forza priva di pratica utilità (stando alle stesse dichiarazioni del vicepresidente Tonina)». I firmatari chiedono quindi un modo «più costruttivo, civile, maturo, per ricomporre il conflitto».
Così descrivono ciò che è diventato il Bruno in questi anni: «Un luogo di cultura e socialità, con la presentazione di libri (non solo di politica, ma anche di economia, storia, letteratura), spettacoli teatrali, dibattiti, approfondimenti teorici (nell'assenza di "scuole di partito")».