Le motivazioni della condanna all'ergastolo: «Il problema di Dallago era Iob»
Ecco la ricostruzione dell'omicidio che la Corte d'Assise di Trento riporta nelle 135 pagine depositate nei giorni scorsi. Il custode forestale fu sorpreso alle spalle, aggredito con un oggetto contundente, caricato ancora vivo nell'auto e portato al lago, dove morì annegato il 3 giugno 2022
SENTENZA Ergastolo a David Dallago, colpevole dell'omicidio di Fausto Iob
IL DELITTO Il custode dell’orso trovato morto nel lago di Santa Giustina
AGGRESSIONE Fausto Iob annegato dopo i colpi alla testa
L'IMPUTATO Dallago: "Io in carcere senza aver fatto male a nessuno"
TRENTO. Sorpreso alle spalle, aggredito con un oggetto contundente (mai ritrovato), caricato - ferito ma ancor vivo - nella Kia Picanto di David Dallago attraverso il bagagliaio con i sedili posteriori abbassati.
Fausto Iob, il custode forestale colpito per 18 volte alla nuca e poi trovato senza vita nel lago di Santa Giustina, venne trasportato in auto per i primi 60 metri lungo una stradina del cantiere forestale di Banco e, inerme, trascinato su un telo o portato a spalla per i restanti 70-80 metri fino al lago, dove morì annegato.
Questa la ricostruzione dell'omicidio che la Corte d'Assise di Trento riporta nella sentenza depositata nei giorni scorsi. Sono 135 pagine con le motivazioni che hanno portato, lo scorso dicembre, alla condanna del boscaiolo 38enne Dallago all'ergastolo.
Sette gravi indizi. La prova diretta del fatto non c'è, ma - spiega la Corte d'Assise presieduta da Claudia Miori - il reato di omicidio volontario pluriaggravato viene contestato «sulla base di prove indirette o indiziarie, poiché l'esistenza del fatto e la sua attribuibilità si ricavano da leggi scientifiche o da massime di esperienza e di logica». Ma tali indizi, si ricorda, devono essere «gravi, precisi e concordanti» per equiparare la prova indiretta alla prova diretta: lo stesso principio applicato nel processo Franzoni per il delitto di Cogne.
Nei confronti di David Dallago sono sette gli indizi - «tutti pesantissimi» - che «non lasciano margini di dubbio in ordine alla riferibilità del fatto all'odierno imputato»: il movente, la presenza sul luogo del delitto, la prestanza e l'idoneità fisica all'azione, il telefono cellulare bagnato, le tracce e l'eliminazione delle tracce, le falsità dichiarative, la mancata presentazione dell'imputato il 4 giugno 2022 in cantiere, il giorno dopo la morte di Iob.
Il movente: toglierlo di mezzo. I giudici escludono l'ipotesi di un'aggressione da parte di una persona che aveva ricevuto una multa dal custode forestale, o da parte di un familiare. Scartati sia il movente economico che l'ipotesi della pista passionale, vista anche la riservatezza di Iob in merito alle sue relazioni. Invece Dallago un movente lo aveva, secondo la Corte: temeva di perdere il lavoro. La presenza quel giorno nel cantiere forestale di Banco di un amministratore locale, come dichiarato dall'imputato, per la Corte d'Assise «è frutto di allegazioni strumentali a un maldestro tentativo di difesa».
Invece, «il problema che doveva affliggere Dallago era proprio Iob: Dallago infatti non poteva non essersi reso conto che, essendo stato sorpreso in flagranza da Iob e invitato dal medesimo a restituire la legna destinata al deposito, non avrebbe potuto che subire le conseguenze, soprattutto in tema di perdita del lavoro e di incarichi futuri, nel caso non avesse ottemperato, come aveva poi fatto, all'invito di restituire il maltolto».
Iob stava tenendo d'occhio Dallago e il suo invito a restituire il carico rubato secondo i giudici non era un'opzione, ma «una ingiunzione» che non venne seguita.
Infatti il giorno dopo l'aggressione, il boscaiolo consegnò la legna al suo cliente: per la Corte «ciò inchioda Dallago nella posizione di soggetto gravemente interessato a togliere di mezzo il custode che gli stava addosso».
Sopralluogo e telefonini. Se l'aggressione di Iob sarebbe avvenuta in tarda mattinata nel cantiere forestale a Banco di Sanzeno in cui lavorava Dallago, quest'ultimo nel pomeriggio vi era stato nuovamente per 10-15 minuti: un controllo dei luoghi «compatibile solo con l'intento di verificare se questi riportassero tracce troppo evidenti di quello che era avvenuto, e forse di cercare il telefonino della vittima». Il cellulare di Iob era stato trovato dagli investigatori nel probabile luogo dell'aggressione, ossia nel cantiere forestale. Dall'analisi dei telefonini sono emersi tasselli importanti nella ricostruzione dei fatti.
«L'interruzione del traffico del cellulare dell'imputato proprio in concomitanza con la mancata visualizzazione dei messaggi inviati a Iob da parte della vittima - evidenzia al Corte - costituiscono un quarto grave indizio che porta a direzionare la paternità della aggressione ai danni della vittima: e qui va detto che se non lui chi altro poteva aver commesso il crimine?». Quindi «non restano margini di dubbio, né spazio per una ricostruzione alternativa della vicenda».
Il sangue nella Kia. Nella Kia c'era una macchia ematica. Sangue di chi? Non è possibile attribuirlo con certezza a un contributore o a un altro (comunque era presente il Dna di Iob sul mezzo dell'imputato) ma ciò «non esclude la piena compatibilità della presenza di quella traccia sulla vettura Kia Picanto con l'ipotesi concretamente e logicamente plausibile, in base alla circostanze, dell'inserimento del corpo della vittima».
Il profilo dell'imputato. Negate le attenuanti generiche, a Dallago sono contestati la freddezza, la spregiudicatezza, la violenza e l'aggressività della condotta, la personalità difficilmente controllabile («incapace di dominare le proprie pulsioni ed i propri istinti criminali per biechi fini» si legge nella sentenza), il comportamento tenuto dopo il fatto, ossia negare le responsabilità con dichiarazioni fuorvianti.
Il suo intento era quello di «sbarazzarsi del custode che lo stava controllando per essere indisturbato nei propri propositi, anche a costo di sopprimere una vita».Gli avvocati Paolo Mazzoni, Danilo Pezzi e Lorenzo Eccher hanno ottenuto un risarcimento per le parti civili. L'avvocata Angelica Domenichelli, che difende Dallago, valuta l'appello.