Caso Chico Forti: la sentenza americana sarà trasmessa alla Corte d'Appello di Trento
Il nostro tribunale deve «registrarla» per la sua applicazione anche in Italia: è una sentenza all’ergastolo senza possibilità di uscita. Ecco che cosa prevede e come ci si è arrivati
IL MINISTRO Nordio: speriamo rientri in tempi brevi
LA FIGLIA JENNA Cosa disse alle Iene
LA NOTIZIA La presidente Meloni: «Chico Forti torna in Italia»
L'APPELLO Forti scrive ad Amadeus: «La mia canzone a Sanremo»
LA STORIA 20 anni di battaglie: condannato per omicidio, si proclama innocente
TRENTO. Sarà la Corte d'Appello di Trento a dover riconoscere la sentenza emessa negli Stati Uniti nei confronti di Chico Forti per poi metterla in esecuzione. Questo passaggio sarà necessario affinché venga ultimato il trasferimento in Italia del surfista e produttore televisivo trentino, condannato nel 2000 all'ergastolo da un tribunale della Florida per l'omicidio premeditato di un imprenditore australiano.
La vicenda. Era l'11 ottobre 1999 quando l'ex campione di windsurf venne arrestato dalla polizia di Miami con l'accusa di omicidio di primo grado per la morte di Dale Pike, avvenuta il 15 febbraio 1998. Sembrava uno scherzo del destino, un clamoroso errore giudiziario che si sarebbe risolto in fretta. Invece sono trascorsi quasi venticinque anni e Chico Forti è ancora in carcere.
Sconta una condanna all'ergastolo nella formula più inumana di Lwop, Life With Out Parole (in pratica è previsto che il detenuto lascerà la prigione solo alla sua morte). Chi in questi 25 anni si è interessato al suo procedimento giudiziario - dal compianto giudice Ferdinando Imposimato ai giornalisti della Cbs che più volte sono tornati sul caso - è arrivato ad una conclusione angosciante: in carcere c'è un uomo condannato alla morte civile senza prove. Senza neppure una manciata di veri indizi. Senza il diritto ad un processo d'appello. Senza la possibilità di veder crescere i suoi tre figli, atroce condanna nella condanna.
Eppure non sono bastati 25 anni per piegare Chico che oggi, come quell'11 ottobre 1999, ancora rivendica con orgoglio di essere innocente. Lo ha riconosciuto persino la macchina della verità, ma non la giustizia americana. Il 15 febbraio 1998 Dale Pike, figlio di Anthony Pike, dal quale Forti stava acquistando il Pikes Hotel, a Ibiza, venne trovato assassinato sulla spiaggia di Sewer Beach, Miami: il corpo freddato con due colpi di pistola alla nuca.
Gli inquirenti si concentrarono su Chico Forti per due motivi: proprio in quei mesi l'imprenditore trentino stava trattando con il padre della vittima l'acquisto dell'hotel e vicino al cadavere venne trovata una scheda telefonica, che risulta essere stata utilizzata per effettuare alcune chiamate all'utenza telefonica del trentino. Gli accertamenti - durante gli anni di lotta giudiziaria alla caccia della verità, non certo da parte delle autorità statunitensi - hanno tuttavia permesso nel corso degli anni di comprendere come fosse impossibile che ad effettuare le chiamate a Forti fosse stata la vittima (nel momento in cui erano stati registrati i tentativi in uscita Dale Pike si trovava nell'area dei controlli doganali dell'aeroporto di Miami e quel tipo di scheda poteva essere acquistata fuori dell'area). Lasciando presumere più che altro un chiaro tentativo di fornire alla polizia una pista fasulla che portasse proprio a Chico Forti.
Dopo alcuni sviluppi inizialmente incoraggianti - Forti venne arrestato già pochi giorni dopo l'omicidio, nel 1998 e rilasciato su cauzione, con il caso che nell'estate del 1999 pare destinato all'archiviazione dopo il venir meno delle accuse di frode - inizia l'inferno. Nel settembre 1999 l'ufficio del procuratore di Miami mette sotto inchiesta Forti per l'omicidio e il trentino ad ottobre viene arrestato per la seconda volta dopo quella del febbraio 1998. Rischia la pena di morte, ma i suoi avvocati sono convinti di poter ottenere con facilità l'assoluzione. Non sarà così anche perché - come si scoprirà poi - la difesa su cui può contare Chico Forti non è delle migliori: si può parlare apertamente di infedele patrocinio.
Ma a convincere la giuria sono alcune prove (ad esempio la sabbia trovata sui tappetini della sua auto, uguale a quella della spiaggia dell’omicidio) e una parziale ritrattazione delle dichiarazioni di Forti fra le prime udienze. Il trentino il 14 giugno 2000 viene giudicato colpevole di omicidio di primo grado e condannato all'ergastolo.
A luglio viene respinta una prima istanza in cui i legali di Forti chiedevano che venisse invalidato il processo di primo grado e negli anni la speranza di poter contare su un nuovo processo sono sempre naufragate.