In Trentino oltre un minore su dieci è costretto a vivere in povertà
Raggiunge attualmente l'11,4% la quota della popolazione minorile in provincia che si trova in famiglie in grave difficoltà a causa tra inflazione, salari bassi, incertezza economica e un mercato del lavoro inceppato. I dati illustrati a Trento al convegno "Vecchie miserie, nuove povertà", svoltosi a Sociologia
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TRENTO. Solo pochi mesi fa, nell'ottobre del 2023, il nostro giornale citava i dati Istat che sottolineavano come in Trentino ben 30mila cittadini fossero sotto la soglia di povertà relativa (cioè quella classificazione in cui si riesce appena a soddisfare i bisogni essenziali).
Ma c'è di più: attualmente, l'11,4% della popolazione minorile in Trentino rientra proprio nella povertà relativa, mentre in Italia nel 2022 erano oltre cinque milioni e mezzo i singoli individui in povertà assoluta, ovvero quella "categoria" in cui mancano i beni di prima necessità. E fino al 2021, i cittadini con residenza nella nostra provincia (dunque esclusi per esempio i richiedenti asilo) rientranti nella cosiddetta "grave deprivazione" erano addirittura 17mila.
Si tratta della situazione peggiore, dove manca ogni cosa.
Insomma, di povertà bisogna parlare per capire come affrontare l'argomento nel prossimo futuro. Servono politiche attive e mirate, è stato sottolineato l'altroieri (anche Giornata mondiale del servizio sociale) durante il convegno "Vecchie miserie, nuove povertà" svoltosi nel pomeriggio a Sociologia.
Ed occorre attuarle in fretta, perché lo scenario sta cambiando: oggi infatti l'inflazione, l'incertezza economica e le difficoltà del mercato del lavoro stanno letteralmente mettendo in ginocchio coppie, famiglie e singoli cittadini.
A "soffrire" particolarmente, hanno spiegato gli esperti, sono coloro che hanno uno o più figli a carico. Ed ecco spiegato uno dei motivi legati alla denatalità: le spese schizzano verso l'alto, le entrate restano al palo e con l'aumento di ogni singolo costo, dalla spesa ai servizi, fare previsioni diventa sempre più difficile.
«La politica deve saper leggere questa trasformazione in modo coordinato e condiviso tra enti, dal terzo settore all'Università, fino al volontariato - ha spiegato Michelangelo Marchesi, referente territoriale del coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza -. Vanno inoltre tenuti al centro i bisogni delle persone. Altro elemento da considerare è la sicurezza di un reddito stabile, che incide sul futuro delle famiglie».
Parole sostenute anche da David Benassi dell'Università di Milano: «Il tema della povertà è di grande attualità ma spesso non viene trattato nel modo corretto. Si responsabilizzano le persone che si trovano in questa situazione, ma non si cercano le ragioni vere che hanno portato ad essa. Inoltre l'Italia, diversamente agli altri Paesi europei, non ha ancora colmato il gap rispetto a tante dinamiche, dalla pandemia all'inflazione».
L'orizzonte, quindi, è complesso: «I minori sono uno dei gruppi più esposti alla povertà - ha concluso Fabio Chiari, direttore della fondazione Caritas - anche nella nostra provincia e soprattutto nelle zone più ricche, dove in realtà si crea più disagio sociale per via della poca presenza dei genitori. In Italia un bambino su cinque è povero e spesso soffre di una "povertà ereditaria". Oltre alle famiglie, ci sono poi anche lavoratori che soffrono di una situazione di difficoltà».